Questo accostamento non sarebbe casuale: secondo alcuni criminologi i Barbudos riconoscerebbero ai terroristi capacità offensive oltremodo rilevanti e costume omertoso degno del migliore padrino mafioso degli anni ’50. Insomma un modello negativo da emulare per chi dell’illegalità, dell’anarchia violenta e della scelleratezza ha fatto ragione di vita. Dalla Sanità a Forcella, dalla periferia orientale a quella occidentale di Napoli è facile notare questi giovani in sella a potenti moto con il corpo pieno di tatuaggi inneggianti a slogan contro le forze dell’ordine (tra i più ricorrenti ACAB) o a nomi di capi clan a cui gli stessi sarebbero legati. Queste nuove leve malavitose non guarderebbero in faccia a nessuno ne rispetterebbero alcuna gerarchia dei vecchi gruppi di camorra. La filosofia di vita dei Barbudos è semplice: “Meglio una vita breve da leoni che una lunga esistenza da pecore sottomesse”.
Di questo sfacelo sociale, dell’alienazione che ha travolto intere generazioni è responsabile la società con i suoi governi sempre poco attenti alle reali esigenze delle zone degradate di città come Napoli e con i continui scandali per collusione con il crimine organizzato. Per chi non è potuto andare a scuola, per chi non ha validi riferimenti familiari su cui contare vedere un simile spettacolo, politici già ultra pagati vendersi al miglior camorrista, equivale a dare il via libera per immettersi nella cinica logica del “si salvi chi può”. Perché sia chiaro che questi ragazzi ragionano così: “Dovremmo ascoltare chi predica bene ma razzola male? Loro si ingrassano e sistemano i figli e noi dovremmo fare gli schiavi tutta la vita? Quello che la società non ci concede ce lo prendiamo con la forza”.
Tanto, troppo sangue è stato versato nei vicoli di Napoli e in provincia in nome di tale folle ma paradossalmente chiara ideologia. Sarebbe veramente ora che le cose cambiassero: su questo punto rimaniamo però purtroppo ancora fortemente scettici.
Alfonso Maria Liguori