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Corruzione all’università, tra gli arrestati anche un napoletano. Ecco cosa ne pensano gli studenti

Terremoto giudiziario negli ambienti accademici italiani: arresti domiciliari per Fabrizio Amatucci, docente napoletano ordinario di Diritto Finanziario presso la facoltà di Giurisprudenza dell’Ateneo Federico II nonché ex direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche della II Università di Napoli e membro dell’Accademic Committee dell’Associazione Europea dei Professori di Diritto Tributario.




Con lui hanno ricevuto la misura restrittiva al domicilio altri 6 docenti universitari: Giuseppe Maria Cipolla (università di Cassino), Adriano di Pietro (Bologna), Alessandro Giovannini (Siena), Valerio Ficari (Roma 2), Giuseppe Zizzo (Varese) e Guglielmo Fransoni (Foggia). Tra gli indagati anche l’ex Ministro Augusto Fantozzi.

Per altri 22 è scattata l’interdizione da ogni altro incarico accademico per un anno. A scatenare la vicenda la denuncia dell’avvocato Philip Laroma Jezzi di Firenze, ricercatore universitario fatto fuori dal concorso per l’abilitazione perché non presente nella lista dei “papabili”. Un andazzo minuziosamente riferito da Jezzi ai magistrati che da Firenze ben presto ha coinvolto accademicamente parlando l’intero Paese.




Le accuse per tutti gli indagati sono a avario titolo di corruzione, induzione indebita e turbativa del procedimento amministrativo. In pratica per essere abilitati aveva poco peso il curriculum personale con tanto di meriti e titoli: l’importante era appartenere alla “casata del momento” per passare senza alcun problema. Dura la replica del Ministro Valeria Fedeli: “Andremo fino in fondo senza fare sconti ad alcuno. Presto arriverà un codice di comportamento sull’università al quale stanno già lavorando il Miur e l’Anac”.

Una vicenda vergognosa che potrebbe essere solo alle prime battute: secondo alcune indiscrezioni provenienti da ambienti investigativi i magistrati starebbero ricostruendo una fitta ragnatela di rapporti tra docenti, studi legali e grosse associazioni professionali finalizzati a favorire di volta in volta determinati personaggi sia nella carriera accademica che in quella lavorativa.




Tra gli studenti universitari che abbiamo intervistato paradossalmente c’è poco stupore. “Sono anni che le cose vanno avanti così – ha dichiarato una laureanda in giurisprudenza- e certamente non solo nella nostra facoltà. Il baronato e il clientelismo stroncano sul nascere qualsiasi legittima aspirazione di chi non è figlio o parente “di” ne appartiene “a”.

Speriamo che una volta per tutte si faccia pulizia negli ambienti accademici, nelle fucine dove dovrebbero forgiarsi i professionisti del domani”. Parole che la dicono lunga sullo scetticismo che opprime i giovani e sulla scarsa fiducia degli stessi nei confronti delle istituzioni e del pubblico in generale.




Ricordando sempre che ogni individuo è da ritenersi innocente fino a sentenza definitiva contraria continuiamo a chiederci però perché non si proceda con l’identificazione dei beneficiari di certi sotterfugi. Ecco, quello sarebbe veramente un segnale concreto di speranza per chi ancora crede nella giustizia e in questa nostra Repubblica.

Alfonso Maria Liguori

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