città di Scafati, tra i 363 comuni vincitrici del premio “Città che legge”, ha ospitato nella sala “Lilly Pagano” presso la biblioteca “Francesco Morlicchio” la quinta edizione di “Poetando al Chiar di Luna”.
Questa edizione della ormai consueta manifestazione di poesia, che si è tenuta giovedì 5 ottobre, è stata dedicata alla poetessa Rita Romano, vincitrice del premio subway 2011 con il racconto “Carillon”, a un anno dalla sua scomparsa. Introdotta da Maria Benevento, direttrice della biblioteca, e conclusa da Francesco Romano, presidente dell’associazione Locanda Almayer, la manifestazione ha visto il contributo musicale e canoro dei maestri Ferdinando Guarino e Filippo Vitiello.
Gli “Amici della Locanda”, soci dell’associazione culturale “Locanda Almayer”, hanno dato voce ai versi della poetessa “La cui vita –dice la sorella, Maria Romano- è stata un’altalena di fasi ed il suo breve cammino può essere paragonato a quello di una farfalla. Ci fa capire quanta fragilità e consapevolezza lei custodiva in fondo al suo cuore. L’Amore per la poesia e la scrittura in tutte le sue forme è stato il suo percorso per farsi conoscere, per farsi amare con tutte le sue debolezze, la sua disabilità e la sua grande forza di sognare”.
Alla lettura di poesie della scrittrice hanno partecipato la stessa Maria Benevento, Lucia De Cristofaro, Mafalda Vaccaro ed Alfredo Salucci. Accanto all’iniziativa è stata allestita, dai volontari del servizio civile nazionale 2017, una mostra bibliografica dell’autrice.
La raccolta di poesie, che è stata scelta per l’occasione con il comune denominatore della luna (riprendendo il nome dell’evento), è un “crogiolo di emozioni e sentimenti, dicotomia di stati d’animo” .
Come disse Peppino Impastato “Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. All’esistenza di orrendi palazzi sorti all’improvviso, con tutto il loro squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta facilità, si mettono le tendine alle finestre, le piante sul davanzale, e presto ci si dimentica di come erano quei luoghi prima, ed ogni cosa, per il solo fatto che è così, pare dover essere così da sempre e per sempre. È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore”.
Giuseppe Raviotta