Terzigno: la via dell’immondizia accanto ai tesori dell’archeologia

Un continuo di immondizia fatto di plastica, stracci, residui di lavorazioni, spesso mezza incenerita, situata al confine della strada provinciale Zabatta

vesuvio terzigno immondiziaParadiso e inferno. Area protetta e immondezzaio puzzolente. Ovvero, il Paradiso: «Cava Ranieri», con i suoi tesori archeologici, fortunosamente intercettati e salvati da archeologi e studiosi. E questo senza contare che la stessa cava custodisce sotto forma di grossi e pesanti blocchi di lava, un pezzo di storia eruttiva del Vesuvio. Dall’altra, l’inferno.




L’inferno del territorio che, tutto intorno a quell’area che è destinata a diventare un poco il fiore all’occhiello della zona vesuviana sud, perché in un futuro non molto lontano accoglierà il Parco Archeo-geo-naturalistico del Vesuvio, si presenta come una sola, grande discarica a cielo aperto. Un continuo di immondizia fatto di plastica, stracci, residui di lavorazioni, spesso mezza incenerita, situata al confine della strada provinciale Zabatta, tra via Vicinale Mauro Vecchio e via Parisi superiore. Si scarica di notte e di giorno.




I controlli, che pure ci sono, si evitano senza troppi problemi. La stessa Cava ha rischiato di diventare un discarica a da milioni di tonnellate di rifiuti, durante il periodo triste dell’emergenza spazzatura. Se, dunque, si è potuto salvare un sito geo-archeologico tanto importante è stato tanto per le decise proteste dei cittadini e delle associazioni culturali e naturaliste quanto per l’atteggiamento antidiscarica tenuto da quei pochi politici che avevano capito l’importanza della salvaguardia di quell’area.




Visto che scelte scellerate puntavano a scavare nel paleo-suolo abbondantemente al disotto dei depositi detti «delle Pomici di Avellino» per l’eruzione vesuviana che nel mille ottocento avanti Cristo fece piovere ceneri e lapilli sino nell’area in cui posi sarebbe nata l’attuale Avellino, per stoccare l’immondizia invece di metterla in superficie, sopra dei teloni impermeabili come avvenuto nel sito di Giugliano.




Intanto, aspettando che la bonifica della cava e il progetto per il parco vadano a buon fine, viticoltori e abitati dell’area chiedono alle istituzioni: comune di Terzigno e Parco del Vesuvio, interventi capillari di controllo e prevenzione a salvaguardia di un territorio fertile, per il quale vendita dei prodotti più o meno di nicchia, come olive e uva, è pesantemente danneggiata dai veleni rilasciati dalle decine di micro discariche.

Romilda Barbato



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