“Nuje simmo serie…appartenimmo à morte”: perché il 2 novembre andrebbe cancellato

La commemorazione dei defunti da tempo ormai si è svuotata del suo significato originario. Una giornata, cioè, dedicata al ricordo dei nostri cari. E' diventata, al contrario, una ricorrenza commerciale dove affari e beghe quotidiane hanno preso il posto del silenzio e della preghiera.

Ogn’anno,il due novembre,c’é l’usanza
per i defunti andare al Cimitero.
Ognuno ll’adda fà chesta crianza;
ognuno adda tené chistu penziero.

Chi non ricorda l’incipit de «A livella» i versi con i quali Antonio De Curtis, in arte Totò, affrontò con delicatezza e umorismo il tema serio della morte?

Come ogni anno, il 2 novembre, da calendario dedicato alla commemorazione dei defunti, i cimiteri del nostro territorio (e non solo) vengono letteralmente invasi da torme indefinite di persone. Dagli amici ai familiari passando per venditori ambulanti, mendicanti e parcheggiatori abusivi. Una vera e propria calca che assilla, prorompe, infastidisce, confonde.

Passeggiando tra i viali di un cimitero non si ha più l’impressione di trovarsi di un luogo votato al silenzio e al riposo delle anime ma a un immenso mercato soffocato da un vociare stridulo e impertinente.

Ed ecco che capita di imbattersi, a pochi passi da una sepoltura, in famiglie che litigano per l’eredità – a loro dire – ingiusta, in dispute varie che vengono accompagnate (sic!) anche da immancabili bestemmie o finanche in appuntamenti di lavoro presi parlando ad alta voce al cellulare o annotando qualche appunto su un agenda. Senza parlare della ressa, anzi del pressing asfissiante di venditori di calzini e questuanti capace di accompagnarti anche nel solenne e intimo momento della preghiera.

Oggi più che mai il 2 novembre può essere preso a modello, quasi fosse un caleidoscopio, della mediocrità e della vacuità della società moderna. Un fenomeno che dalle nostre parti si mescola inevitabilmente alla teatralità, ai gesti eccessivi (in alcuni casi volgari), alle urla e soprattutto alla cattiva educazione.

Insomma, nulla di nuovo sotto al sole verrebbe da dire. Proprio perché non c’è più nulla da dire perché il 2 novembre non lo cancelliamo?

In fondo, e credo ne conveniate, non serve un giorno ad hoc per onorare i propri morti. Lo si può – anzi si dovrebbe – fare tutti i giorni dell’anno. O quantomeno lontano dalle feste comandate, quando i cimiteri sono meno saturi. E dunque più silenziosi, più discreti.

Detto fuori dai denti: questa massificazione della morte, ha stufato. Così come ritengo indecorosi gli affari che si consumano a pochi passi dai loculi fatti di fiori, luci e candele. Scene che non si discostano molto dall’immagine dei mercanti del tempio di evangelica memoria.

La morte, e Totò ce lo ricorda magnificamente, è una cosa troppo seria per essere mercificata e inquinata dalle nostre beghe quotidiane.

Per questo, ed è un invito accorato quello che rivolgo, il 2 novembre stiamocene tutti a casa. Andiamo a lavorare oppure a fare una gita fuori porta. Ovunque, meno che al cimitero.

Perché di questo carico di attenzioni di «facciata» i morti non hanno bisogno. Come non hanno bisogno di piogge floreali abbattute sulle povere e indifese lapidi. Avrebbero bisogno, forse, solo di preghiere, i nostri cari defunti. E credetemi: se dette per bene, mettendoci il cuore, quelle spazzano via tutto il resto.

Angelo Mascolo

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