A processo in quel di Torre Annunziata il 18enne Raffaele Gallo, figlio del ras Francesco (alias ‘o Pisiello) accusato di tentato omicidio nei confronti dello zio materno, il 31enne Salvatore Iovene, caduto vittima di un agguato lo scorso 27 gennaio in via Cuparella. Nello specifico Gallo, insieme ad altri complici, apri il fuoco contro l’auto della vittima, una Mercedes Classe B esplodendo almeno 6 colpi di pistola che ferirono gravemente al torace il 19enne Vittorio Nappi, in auto con Iovene al momento dell’agguato.
Secondo gli inquirenti a scatenare la furia di Gallo junior la decisione di punire la madre per aver osato abbandonare la famiglia e legarsi sentimentalmente ad un giovane boss del clan rivale. Per comprendere lo spessore criminale dei personaggi protagonisti di questa brutta vicenda occorre ricostruire l’identikit del gruppo camorristico Gallo-Cavalieri e in particolare di Pasquale Gallo (alias ‘o Bellillo), il super boss della camorra che giurò di uccidere il ras rivale Valentino Gionta.
Una faida iniziata a metà degli anni ’80 e combattuta a suon di morti ammazzati per le vie di Torre Annunziata: particolarmente eclatante il raid compiuto dai Gallo che con un’autovettura penetrarono nella roccaforte dei Gionta a Palazzo Fienga e, fingendosi carabinieri, riuscirono ad uccidere due pezzi da 90 dei “valentini”.
Un conflitto di proporzioni talmente vaste quello tra i due clan da richiedere l’intervento diretto dal capo di Cosa Nostra Salvatore Riina: il numero uno della mafia venne direttamente da Palermo per far stipulare un accordo tra i Gionta e i Gallo. Scaltro e spietato Pasquale Gallo ha sempre imposto ai propri affiliati la massima disciplina governando il territorio, criminalmente parlando, con pugno di ferro. Nessuna indulgenza per chi sgarrava o si mostrava debole nei confronti dei clan nemici.
Alleati con i Cesarano di Ponte Persica, i D’Alessandro di Castellammare e i Falanga di Torre del Greco i Gallo sono stati da sempre particolarmente temuti dal sistema nel vesuviano per la determinazione dei gruppi di fuoco, ritenuti oltremodo spietati e sanguinari. Estorsioni, spaccio di droga, gioco d’azzardo, racket, contrabbando, truffa, corruzione, edilizia e appalti: questi i principali business dei Gallo che a metà degli anni ’90 spostarono i loro traffici in Spagna e nei Paesi Bassi gestendo il traffico di stupefacenti (eroina, marijuana e cocaina) in tutti i Comuni vesuviani.
Un primato che in poco tempo rese i Gallo un clan tra i più agguerriti e potenti del napoletano. Uno strapotere che i Gionta non hanno mai tollerato: un’opposizione quella di Valentino Gionta continua alle mire espansionistiche di Gallo e soprattutto al monopolio del boss Pasquale su Torre Annunziata. “Una questione d’onore”: queste le parole di Gionta per giustificare una faida che andava ben oltre i soli interessi economici. Tanto che il 16 agosto del 2006 all’esterno dello stadio Giraud di Torre Annunziata venne trucidato Natale Scarpa, padre di un esponente di spicco dei Gallo.
A sparare, secondo le rivelazioni dei pentiti, furono due killer dei Gionta, ovvero Luigi Maresca e Francesco Amoruso (deceduto in stato di detenzione al 41 bis): assolti invece i figli del ras Valentino Pasquale e Aldo, il primo con formula piena e il secondo per insufficienza di prove. Un agguato che segnò la ripresa delle ostilità tra i due gruppi criminali mietendo vittime in entrambi gli schieramenti da bollettino di guerra: 4 omicidi in 3 giorni nel 2007.
Una mattanza che durò fino al 2012, anno in cui i Gionta persero terreno consentendo ai Gallo di spadroneggiare sul territorio. Nel 2013 i Gallo subirono a loro volta una massiccia operazione di polizia che porta dietro le sbarre 90 affiliati con l’accusa di associazione a delinquere, estorsione, porto abusivo d’arma da fuoco, omicidio e traffico internazionale di stupefacenti. Grido di guerra dei giovani affiliati dei Gallo sempre lo stesso che lascia poco spazio ad eventuali dubbi: “I valentini devono cadere”.
Alfonso Maria Liguori