Il timore giustificato di negozianti e imprenditori è che per mostrare i muscoli le baby gang possano compiere attentati devastanti contro le attività o usare violenza a titolari e familiari. Siamo riusciti ad intervistare, garantendo l’anonimato, un individuo orbitante ai margini del sistema e le dichiarazioni rese sono state oltremodo esaustive: “Ormai girano pochi soldi – ha precisato l’uomo- non è più come prima e i vecchi clan faticano a mantenere le famiglie dei detenuti e gli affiliati. Ci sono poi i figli e i nipoti dei boss da anni rinchiusi al 41 bis che non accettano più di sottostare ‘a settimana’ a qualche emergente del momento.
A complicare tutto si mettono poi le rivelazioni dei pentiti che portano ad arresti eccellenti e sequestri di beni. I camorristi che hanno soldi a terra non investono più per paura di dare nell’occhio e attirare l’attenzione della Giustizia e dei clan rivali. A Napoli e nei paesi limitrofi ormai è aria di guerra: da un momento all’altro, i segnali già ci sono, potrebbe scatenarsi una mattanza di inaudita ferocia per il controllo unico delle piazze di spaccio e del racket sul territorio. Quello che lo Stato non vuol capire è che un mare di gente vive di questo pane da sempre senza aver mai potuto contare su alcun aiuto da parte delle istituzioni.
Quella stessa gente che molti politici conoscono bene in periodo elettorale quando puntualmente inizia la compravendita dei voti, i cosiddetti ‘pacchetti’. Un affare redditizio per la camorra che fa leva sulla disperazione e sulla fame della povera gente pronta a tutto pur di sopravvivere”. Parole che lasciano poco spazio alla libera interpretazione. Le forze dell’ordine fanno quello che possono per arginare il fiume di violenza che ormai attanaglia Napoli e l’hinterland cozzando spesso con il muro d’omertà che ancora compatto protegge i camorristi.
Alfonso Maria Liguori