Torre Annunziata, Carmela Sermino: “La solitudine peggio di un colpo di pistola”

"Riponiamo massima fiducia nello Stato e negli Organi di questa Repubblica. Alle forze dell’ordine il nostro indiscusso plauso per l’eccezionale impegno profuso nella lotta al malaffare"

carmela sermino torre annunziata“Le Istituzioni devono sostenere i familiari delle vittime innocenti di camorra nei percorsi giudiziari e nella condizione esistenziale in alcuni casi veramente drammatica: sentirsi soli può causare danni maggiori di un colpo di pistola”. Forti le parole di Carmela Sermino, la vedova di Giuseppe Veropalumbo, carrozziere di Torre Annunziata ucciso da un proiettile vagante la sera del 31 dicembre 2007 (ad oggi resta sconosciuto il responsabile) mentre si trovava seduto a tavola di casa sua per festeggiare il capodanno in famiglia.




“Pensiamo alle tante famiglie – ha precisato Sermino – che hanno perso drammaticamente l’unica fonte di sostentamento, alla frustrazione di chi continuamente si trova a confrontarsi con burocrazie estenuanti per il riconoscimento dei propri diritti. Una condizione deprimente che colpisce ancora una volta chi ha già subito tanto dalla vita”. Sermino, con la grinta che ha sempre contraddistinto il suo modus operandi, ha fatto proprie le rivendicazioni di tanti congiunti delle vittime innocenti di camorra essendo determinata a far valere le sue ragioni nelle sedi pubbliche competenti.

Nessuna polemica gratuita o attacco strumentale però nei confronti dello Stato, come la stessa Sermino ha chiarito: “Riponiamo massima fiducia nello Stato e negli Organi di questa Repubblica. Alle forze dell’ordine il nostro indiscusso plauso per l’eccezionale impegno profuso nella lotta al malaffare in difesa degli onesti cittadini. Tuttavia con le sole parole, con i buoni propositi e senza azioni concrete non si arriva da nessuna parte.




Chi come noi si è trovato dalla sera alla mattina privato in modo drammatico di un affetto tanto significativo si trova ben presto a fare i conti con la sopravvivenza nell’accezione letterale del termine. Passata l’enfasi dell’immediatamente dopo, svanite le tante persone che popolano i luoghi di culto in occasione di disgrazie del genere si rimane spesso soli, vittime dello sconforto e della depressione che consegue dall’osservare la propria prole allo sbaraglio, privata ingiustamente di pilastri familiari, determinanti nella fase della crescita dalla mano cinica di camorristi senza onore.

Una situazione che non possiamo e non vogliamo tollerare oltre: in tal senso lanciamo un appello alle istituzioni tutte perché si avvicinino alle ambasce di chi come noi combatte ogni giorno con la vita, sforzandosi di regalare un sorriso ai figli per non aggiungere ulteriore sconforto al loro legittimo smarrimento. Alla Società Civile il delicato compito di mantenere sempre alta l’attenzione su una questione delicatissima dalla quale dipende il futuro di tante oneste famiglie vittime della camorra”.

Alfonso Maria Liguori



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