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Le imprese della camorra gestite da stranieri: ecco cosa accade a Napoli

boss dei rifiuti

Ci sarebbe un’intesa a monte tra una parte delle imprese cinesi operanti a Napoli e nell’hinterland e la camorra : strutture del sistema , a volte anche dipendenti imposti, attività commerciali in società sottobanco con gli asiatici. Un connubio che secondo indiscrezioni provenienti da Radio Mala consentirebbe agli operosi imprenditori dagli occhi a mandorla di operare in tutta tranquillità senza temere fenomeni estorsivi di alcun genere.




Su questo punto avevamo già sollevato in passato notevoli perplessità : sembrava assurdo che nelle stesse zone della città imprese gestite da italiani fossero soggette al “pizzo” e attività orientali no. Ora queste perplessità potrebbero essere definitivamente dissipate : d’altronde si sa che attraverso un complesso sistema di scatole cinesi abilmente architettato da noti professionisti sul libro paga della camorra risulti difficile risalire ai veri intestatari di società immobiliari, grossi capannoni e strutture idonee ad accogliere particolari tipologie di attività commerciali.

Un business enorme finalizzato a ripulire il denaro sporco dei clan attraverso imprese pseudo legali ufficialmente gestite dai cinesi. La prova di un’evoluzione criminale del sistema che tende sempre più ad assomigliare ad un unico grande consorzio di imprese formato , in realtà, da storici sodalizi della Nuova Famiglia e nuovi gruppi emergenti. In tal senso azione di disturbo sarebbe svolta dalle baby gang , dai cosiddetti “cani sciolti” , inaffidabili per il sistema che conta e fonte unicamente di guai con la giustizia.




C’è poi la spinosa questione dei pentiti : parliamo di ex boss del calibro dei fratelli Lo Russo depositari di segreti rilevanti della malavita partenopea e vesuviana, individui in grado di scatenare un vero e proprio terremoto giudiziario che comporterebbe gravissime perdite in termini economici per il sistema. In sintesi : la camorra sarebbe in piena trasformazione strutturale e a Napoli parlerebbe “cinese”.

Alfonso Maria Liguori



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