Interdizione di un anno dall’esercizio di pubblici ufficiali dei carabinieri ed una nuova accusa, questa volta di depistaggio per il maggiore dei carabinieri Gian Paolo Scafarto e per il colonnello Alessandro Sessa, indagati nell’ambito dell’inchiesta della procura di Roma su Consip. L’ha disposta il Gip Gaspare Sturzo su richiesta del procuratore aggiunto Paolo Ielo e del sostituto Mario Palazzi. Per Scafarto, già indagato per falso e rivelazione del segreto d’ufficio, è scattata anche l’ipotesi di depistaggio.
Stessa ipotesi per Sessa, già iscritto sempre per depistaggio in relazione alle false dichiarazioni rese al Pm. La nuova accusa di depistaggio si riferisce all’eliminazione delle comunicazioni intercorse tra i due al fine di sviare, secondo l’accusa, le indagini della procura sulla fuga di notizie riguardanti l’inchiesta a suo tempo aperta a Napoli su Consip. Dei due falsi contestati a Scafarto dalla Procura di Roma, uno è inerente alla frase “ad un certo punto Bocchino si allontana e Romeo continua a parlare e dice: Renzi l’ultima volta che l’ho incontrato”.
Le parole attribuite a Romeo sarebbero stata invece pronunciate da Italo Bocchino. L’altro fa invece riferimento ad una falsa attribuzione data da Scafarto a presunti appartenenti ai Servizi Segreti presenti a via Nicosia nel giorno in cui venivano ritrovati i “pizzini”. Il capitano del Noe ometteva di dire ai magistrati che l’uomo presente in quel luogo era stato in effetti identificato invece come un semplice abitante del posto. Continua così la vicenda Consip che ha portato all’arresto per corruzione del noto imprenditore campano Alfredo Romeo. “Il capitano Giampaolo Scafarto ha risposto ad ogni domanda ricostruendo tutte le indagini. Una ricostruzione puntuale, ha spiegato cosa è accaduto. Possiamo parlare di errore, dobbiamo valutare l’elemento soggettivo.
Ha ricostruito le telefonate e i criteri. Il fatto storico c’è, ma riteniamo che non ci sia dolo e quindi nessun profilo penale”. Era stato questo il commento del legale di Scafarto Giovanni Annunziata dopo l’interrogatorio dell’ufficiale dell’Arma da parte del procuratore di Roma Giuseppe Pignatone, dall’aggiunto Paolo Ielo e dal Pm Mario Palazzi. Si scrive un nuovo capitolo di una brutta storia che vede protagonista in negativo un fiore all’occhiello dell’Arma che oggi si trova a dover ulteriormente chiarire fatti contestati che potrebbero pesare enormemente sulla carriera di Scafarto.
Alfonso Maria Liguori