Nella Roma di oggi si aggirano, fra i tanti, due mostri: Atac e Ama

La situazione ha superato da tempo il limite della criticità e, come se non bastasse, ora arrivano definitivamente al pettine i nodi di bilancio

Uno sguardo oltre la Campania

Sono le due principali società in mano al Comune di Roma come azionista di riferimento, in sintesi le due società dovrebbero occuparsi dei trasporti e dei rifiuti. L’Atac conta circa 12.000 dipendenti e l’Ama circa 8.000 ma è davanti agli occhi dei romani che i mezzi pubblici quando passano sono spesso sporchi e maleodoranti mentre i cassonetti tracimano di spazzatura con collinette laterali in cui si arrampicano topi di varia natura e dimensione.

La situazione ha superato da tempo il limite della criticità e, come se non bastasse, ora arrivano definitivamente al pettine i nodi di bilancio. L’azienda dei trasporti, Atac, è gravata da un debito pari ad 1.350.000.000 di euro (un miliardo e trecento cinquanta milioni n.d.r.)  mentre l’azienda per i rifiuti, Ama, ha un debito per 1.180.000.000 di euro (un miliardo e centottanta milioni n.d.r.). In queste condizioni aziende private sarebbero già fallite ma nella pubblica amministrazione le cose sono contorte, lunghe e farraginose e le soluzioni, anche drastiche, nessuno le vuol prendere e così di rinvio in rinvio si è arrivati al punto in cui siamo ovvero Atac è stata ammessa al concordato dal tribunale fallimentare, che ha nominato tre commissari che hanno quasi finito di vagliare il piano industriale della municipalizzata dei trasporti. Uno dei nodi dolenti, a tal proposito, è la spesa per il personale che arriva a 530 milioni di euro contro un valore della produzione pari ad un miliardo. Verso la fine di gennaio ed i primi di febbraio dovrebbe uscire qualcosa dal tribunale di Roma che avrà, davanti a sé, due sole possibilità: approvare il piano industriale presentato oppure aprire le porte al fallimento.

Fra le tante cose l’Atac ha anche la gestione dei parcheggi pubblici dell’intera capitale che, pare, sia l’unico ramo aziendale in grado di produrre utili. Proprio per questo motivo l’azienda dei trasporti, in ottemperanza alle leggi fiscali nazionali, deve pagare le tasse sulle superfici occupate dai parcheggi e quella sui rifiuti. Il 18 dicembre del 2013 la società per la raccolta dei rifiuti, l’Ama, ha inviato alla società dei trasporti, l’Atac, un avviso di accertamento col quale chiede la bellezza di 12 milioni di euro di TARI non pagata. Ovviamente l’Atac ha fatto ricorso e le calende greche incombono.

Come se ciò non bastasse e sfociasse nel tragicomico c’è una questione in cui le calende greche hanno preso, ormai, il sopravvento: il 9 maggio del 2000, sindaco Francesco Rutelli, Ama e Atac stipulano una convenzione per “l’affidamento del servizio di pulitura delle superfici esterne delle vetture delle metropolitane”. Ma il contratto non viene ottemperato in pieno e Ama cita in giudizio Atac. Nove anni dopo, è il 27 febbraio 2009, il giudice respinge le istanze avanzate da Ama. Ma l’azienda dei rifiuti non è stata a guardare e ha impugnato la sentenza del tribunale dinanzi alla Corte di Appello di Roma. Fino ad arrivare all’assurdo in quanto il 14 ottobre del 2014 la Corte di Appello di Roma ha rinviato la causa al 27 febbraio 2018, non ci sono parole. Un contenzioso che va avanti da quasi 20 anni e che, insieme a tante altre voci, brucia denaro pubblico.

Raffaele Romano

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