L’autore per le avventure del commissario Vito Annone ha scelto ancora una volta un’ambientazione che gli è familiare, ancor più che ne Il Taglio della Mezzaluna che ci portava nel Cilento. Il palcoscenico sul quale si muovono Annone e gli altri è la Castellammare di Stabia del dopoguerra. Bella e malinconica, dura e orgogliosa, la città che affaccia sul golfo di Napoli non mostra quasi mai il sole. Un sole che dovrebbe normalmente battere su ambientazioni come questa. Qualsiasi altro autore avrebbe assecondato il bel tempo, il mare, la brezza. Ma non Mascolo, che sceglie Castellammare anche per le sue contraddizioni, come si pu ben capire dal titolo stesso del libro. E allora c’è pioggia, c’è vento, c’è il freddo che scuote gli abitanti impegnati a dimenticare, o a ricordare fin troppo come si vedrà, l’epoca fascista.
L’esatta descrizione di luoghi simbolo dell’epoca sono certamente uno dei punti di forza del romanzo, ma non è il solo. I personaggi sono tutt’altro che calati dall’alto: hanno i loro trascorsi, i loro perché, i loro motivi per essere proprio dove sono. Annone, su tutti in quanto protagonista, sa interrogarsi, cambiare atteggiamenti, camminare dove si può e stare attento dove non si potrebbe. Sa parlare con chiunque in quella sfaccettata e
La trama è sapientemente fitta, complicata quanto basta per una cittadina di media dimensioni come Castellammare. All’interno troviamo due omicidi, un’avventura nell’avventura per Vito Annone che dovrà correre per stare al passo di chi mente e di chi dice la verità. Sempre nella pioggia e sempre nel vento che sferza anche i pensieri. Nella speranza di rivedere ancora il commissario stabiese magari chissà, stavolta baciato dal sole.
Francesco Ferrigno