Nonostante alcuni screzi interni all’organizzazione resta forte la leadership criminale del clan Vollaro a Portici. Tra gli omicidi eclatanti commessi dal noto sodalizio criminale nonché cellula attiva della Nuova Famiglia quello di Carlo Lardone, trucidato dai Vollaro perché prossimo a rivelare ai giudici alcuni crimini commessi dal clan e de collusioni tra la cosca ed alcuni politici nel sistema degli appalti truccati. Carlo Lardone fu uno dei primi a indicare l’esistenza di un canale occulto che univa camorra, politica, appalti e grosse imprese della zona : argomento più volte ripreso negli anni dai collaboratori di giustizia ma stranamente mai approfondito più di tanto.
Evidentemente è tale lo spessore dei personaggi coinvolti da indurre anche il più leale pentito al silenzio. Per avere un’idea dello spessore criminale di Luigi Vollaro occorre tracciare un breve identikit del padrino di camorra. “O Califfo”, questo lo pseudonimo del ras porticese, gli viene attribuito negli ambienti di mala per la sua grande fecondità: 27 figli avuti da una decina di relazioni. Il clan Vollaro, particolarmente attivo nel traffico di stupefacenti e nel racket, ha combattuto diverse guerre di camorra. Nel 1982 una pesante tegola si è abbattuta sul boss di Portici: è stato infatti condannato all’ergastolo per l’omicidio del 24enne Giuseppe Mutillo (affiliato agli stessi Vollaro) avvenuto nel 1980. Il secondo ergastolo è arrivata per il “califfo” nel 2003 per l’omicidio proprio di Carlo Lardone, altro gregario dei Vollaro.
Nel 1992 Luigi Vollaro è stato sottoposto al regime del carcere duro, uno dei primi malavitosi per il quale si è disposto il 41 bis. Le redini del clan sono passate ai figli Pietro, Giuseppe, e Raffaele. Un altro figlio, Antonio, pur essendo da sempre estraneo agli affari di famiglia, è stato ingiustamente detenuto per anni per un omicidio commesso dal fratello Ciro ora collaboratore di giustizia che con le sue rivelazioni ha offerto un contributo eccezionale ai magistrati nella lotta a gli affari illeciti del clan. Carismatico e spietato ‘o califfo ha saputo tessere fitte ragnatele di contatti tra politici, imprenditori e funzionari dello Stato. Oggi parte di quei politici intervistati negano persino di aver conosciuto il capoclan che al contrario ne ha determinato successo elettorale e potere decisionale sul territorio a livello amministrativo.
Questo vergognoso costume ha spesso scandito i ritmi della vita politica partenopea e dell’hinterland vesuviano. A flotte politici esordienti assediavano le case dei padrini della Nuova Famiglia chiedendo voti e protezione in cambio poi di appalti e licenze una volta eletti. Tutti ne erano a conoscenza ma stranamente oggi pochi sembrano rammentare come, soprattutto nel periodo del terremoto dell’’80, si facesse politica a Napoli e in provincia. Un criminale che coerentemente con una scelta di vita scellerata non si è mai pentito (Luigi Vollaro è stato stroncato da un infarto in carcere nel 2015).
Un figura ancora forte nell’humus porticese, il patriarca di una stirpe apparsa non sempre all’altezza, criminalmente parlando, del ruolo ricoperto da Luigi Vollaro all’interno della Nuova Famiglia. Una circostanza questa, ovvero l’inadeguatezza del riciclo generazionale, che avrebbe penalizzato nel tempo i clan che componevano la cupola di un’associazione camorristica talmente potente e temuta da essere menzionata nei libri di educazione civica in uso nelle scuole dell’obbligo.
Alfonso Maria Liguori