Via Casacampora è una contrada, abbastanza abbandonata, che parte da via Benedetto Cozzolino (vera e propria superstrada di collegamento ai piedi del Vesuvio) per concludersi con l’importantissimo Istituto Adriano Tilgher. Una struttura che ospita numerosi indirizzi scolastici e che per questo oltre ad ospitare i giovani di Ercolano, è meta quotidiana anche per numerosi studenti che arrivano dai comuni limitrofi.
I corsi spaziano dal Liceo scientifico al Liceo linguistico ed ancora Giuridico Economico Aziendale – Amministrazione, Finanza e Marketing, Turismo oltre all’enogastronomico ed alberghiero. Una popolazione che diventa enorme se si considera anche il corpo docente e di servizio. Tutte persone che quotidianamente devono fare i conti con le schifezze che vanno accumulandosi nella via. “Non ne possiamo più -spiegano gli studenti – dalle scarpe sfondate ai materiali di risulta dei cantieri. Quando piove si formano dei veri e propri fiumi che portano rifiuti di ogni tipo fino ai cancelli dell’Istituto. Inoltre basta salire pochi metri dopo la nostra scuola per vedere spettacoli di ogni tipo.
Avanzi provenienti da cantieri edili, cavi spezzati ed abbandonati, televisori e una quantità di bustoni chiusi che potrebbero contenere qualsiasi cosa: da vestiti usati all’amianto, occorrerebbe aprire e verificare. Qui non c’è controllo e tutti possono fare i comodi loro. Speriamo che il sindaco Buonajuto si trovi a passare da queste parti e si renda conto di quello che è diventato questa strada”. Sognava di essere capitale della cultura e per il momento si ritrova a dover affrontare notevoli inefficienze .
Ercolano è uno dei comuni più famosi d’Italia in quanto ospita un sito archeologico di importanza mondiale oltre che uno dei sentieri principali per raggiungere il Vesuvio. Tutti attrattori turistici di notevole rilevanza e sarebbe importante avere pulito ed accogliente ogni angolo della città, anche le contrade più nascoste come via Casacampora alla quale comunque si accede da dalla trafficatissima via Benedetto Cozzolino.
Alfonso Maria Liguori