Riparte il processo Sigfrido dopo oltre vent’anni dagli arresti eccellenti che si verificarono a Castellammare nel 1998. Dopo essere stato annullato dalla Cassazione, per alcuni errori durante le varie udienze, ieri gli imputati sono ritornati nel Tribunale di Torre Annunziata per affrontare la giustizia. Alla sbarra c’è il figlio di Michele D’Alessandro (fondatore della cosca), Pasquale, in compagnia di altri 17 affiliati. Il blitz della polizia di Stato, nel ’98, portò al’arresto anche di Luigi D’Alessandro che attende il verdetto per fine febbraio in un processo parallelo.
Nell’ambito dell’inchiesta Sigfrido, comunque, i ritardi accumulati potrebbero essere determinanti per garantire la prescrizione. E’ infatti partita una corsa contro il tempo per ufficializzare le eventuali condanne in primo grado. L’aspetto paradossale è che tutti gli imputati sono stati già giudicati nel corso degli anni ma l’annullamento della Cassazione costringe i giudici a ripartire dal principio.
La prima udienza
Nell’udienza di ieri, nel Tribunale di Torre Annunziata, hanno partecipato alcuni imputati e Pasquale D’Alessandro in videoconferenza. Sono stati ricostruiti gli episodi più cruenti nel biennio ’96 – ’98. In quel periodo, al Centro Antico, nel rione Santa Caterina, si verificò una scissione: un gruppo di ex pentiti si raggruppò intorno alla figura di Raffaele Di Somma per contrastare il potere dei D’Alessandro. Una divisione che avrebbe potuto comportare danni enormi per l’economia della cosca di Scanzano.
Gli imputati al processo Sigfrido, che prende il nome dall’operazione condotta nel ’98, sono accusati di associazione per delinquere di stampo mafioso, di rapina e spaccio di stupefacenti. Tutto potrebbe essere inutile a causa della vicinanza della prescrizione.