22 anni di carcere in due (10 per Luigi D’Alessandro e 12 per Antonio Elefante) dopo l’udienza relativa al processo Sigfrido. Ieri la corte d’Appello di Napoli ha inflitto un duro colpo a due esponenti di spicco del clan D’Alessandro stabiese. Per i giudici, i due ras per anni hanno influenzato i turni elettorali indirizzando i voti verso i candidati espressione della cosca. Allo stesso tempo, hanno ricevuto permessi e documenti pubblici grazie alla loro influenza e hanno esteso il proprio raggio d’azione su tutto il comprensorio di Castellammare e anche all’estero.
Una crescita esponenziale per la cosca di Scanzano nel periodo in questione. Per questi motivi, dopo gli annullamenti della Cassazione del 2010, i giudici hanno deciso di condannare nuovamente i due ras dei D’Alessandro. Un secondo filone del processo Sigfrido sarà completato ad ottobre quando sarà reso noto il verdetto contro Pasquale D’Alessandro, anche lui, come Luigi, figlio del fondatore della cosca Michele, e altri 16 imputati. L’operazione che nella fine degli anni ’90 decapitò il clan finalmente ha avuto un continuo anche in ambito giudiziario.
Processo Sigfrido
La Cassazione, a causa dell’ottima memoria difensiva, nel 2010 annullò tutte le condanne in primo grado a causa della non competenze del giudice per le indagini preliminari. Infatti, a cavallo della riforma penale, i giudici furono costretti a cancellare tutti i verdetti. Si è ripartiti qualche anno dopo fino ad arrivare a ieri pomeriggio, quando la Corte d’Appello di Napoli ha ufficializzato le condanne per i due ras stabiesi. Un processo, quello Sigfrido, che sembrava “stregato” e che avrebbe potuto rimettere in libertà numerosi esponenti del clan di Castellammare.