Il boss di Torre Annunziata è riuscito nel tempo a conquistare i vicoli della cittadina vesuviana entrando nella mente di una parte dei giovani che orbitano intorno al Santuario della Madonna della Neve situato nel cuore storico del paese. Un padrino della camorra in grado di tener testa a capi storici del crimine organizzato del calibro di Antonio Bardellino, Carmine Alfieri, Mario Fabbrocino e Pasquale Galasso rispondendo colpo su colpo ad agguati spesso di violenza inaudita (come la famosa strage del 1984 in cui persero la vita numerosi affiliati dei “valentini” su mandato di Bardellino e su esecuzione materiale degli uomini di Alfieri). Persino la Nco di Raffaele Cutolo dovette segnare il passo a Torre Annunziata dinanzi alla leadership criminale di Valentino Gionta: gli anziani che l’hanno conosciuto di persona raccontano di come “Valentino” abbia consentito a tanti giovani torresi di campare con il contrabbando di sigarette o inserendoli nel settore ittico (attività ufficiale del boss torrese).
Solo i più violenti finivano nel sistema vero e proprio, ovvero nelle estorsioni e nel traffico di stupefacenti. Un paradosso che non ha precedenti: da un lato si indica Valentino Gionta come uno dei camorristi più spietati di sempre, dall’altro c’è chi rimpiange il modus operandi del ras. “Noi siamo i valentini, gli altri, tutto il blocco non sono nessuno”. Uno slogan che per ovvie ragioni abbiamo italianizzato, facilmente udibile tra una parte dei ragazzi del centro storico di Torre Annunziata, tra gli scugnizzi che pur non conoscendo direttamente il super boss crescono nei racconti quasi epici attribuiti da nonni e genitori allo stesso.Una sub cultura a cui ad oggi le istituzioni hanno sempre risposto in modo insufficiente e lassista. Rispettati dai Cesarano, D’Alessandro, Matrone e alleati (tra gli altri clan del vesuviano) con i Birra di Ercolano i Gionta sarebbero ancora ben ramificati in tutti gli strati della comunità torrese. Della serie: dall’ergastolo in regime di 41 bis Valentino Gionta è ancora il “re” (criminalmente parlando) di Torre Annunziata.
Alfonso Maria Liguori