“Intelligenza Artificiale e Stupidità Naturale: cosa può fare più danni?”

Poca fiducia nella politica e nella giustizia, sì a salute e formazione. I giovani e l’AI

I giovani hanno poca fiducia nella politica e nella giustizia e desideri condivisibili come salute e formazione. Questi i dati che sono emersi grazie alla raccolta del questionario diffuso tra i liceali fiorentini che hanno partecipato all’evento su “Intelligenza Artificiale e Stupidità Naturale: cosa può fare più danni?”. L’evento è stato organizzato dall’Associazione Italiana per l’Intelligenza Artificiale e promosso da Media Duemila e dall’Osservatorio TuttiMedia. Al dibattito hanno partecipato: Luigia Carlucci Aiello (professoressa Dipartimento di Ingegneria Informatica automatica e Gestionale Antonio Ruberti); Nicola Costantino (Economista aziendale Politecnico di Bari); Piero Poccianti (presidente AI*IA); Francesco Ulivi ((Settore Innovazione MPS membro del Direttivo AI*IA); Derrick de Kerckhove (OTM/Media Duemila); Maria Pia Rossignaud (TuttiMedia/Media Duemila) moderatrice.

“In Italia ci sono pochi ricercatori, pagati anche male, che però producono risultati di qualità. – ha spiegato Piero Poccianti (presidente AI*IA) – In giro si sente dire: ‘Le macchine ci ruberanno il lavoro, cose piuttosto terrorizzanti. Alla fine ci siamo discolpati: non è colpa nostra. La ricerca non è neutrale, e il problema non è l’Intelligenza Artificiale ma la nostra. Cosa vogliamo dalla vita? Cosa chiediamo? Ci stiamo muovendo bene per i nostri desideri o stiamo facendo errori? In questo caso dovremmo cambiare strada. Riflettiamo su questo strumenti per darci una mano l’un l’altro. Maria Pia Rossignaud, promotrice di questo evento, ci guiderà per mano. Sui media quello che attribuiscono all’AI bisognerebbe attribuirlo alla rivoluzione digitale e alla velocità. Un sistema di intelligenza artificiale è un sistema capace di interagire con il mondo chiamato ambiente”.

A Luigia Carlucci Aiello (professoressa Dipartimento di Ingegneria Informatica automatica e Gestionale Antonio Ruberti) il compito di definire intelligenza artificiale: “La risposta la stiamo ancora cercando – dice – non possiamo misurarla perché di fatto non sappiamo cos’è e non riusciamo a definirla”.
La professoressa Aiello stimola i ragazzi ad intervenire attivamente e con competenza per cambiare il corso degli eventi. Tutti d’accordo sul fatto siamo prossimi ad una grande rivoluzione ma dobbiamo saperne sfruttare le opportunità.

“Agli albori dell’informatica il gioco del ping pong spopolava, adesso pretendiamo che il nostro smartphone ci risponda come Hal9000. Potrà accadere, ma dobbiamo far sì che non si comporti come Hal9000 – afferma Francesco Ulivi (settore Innovazione Mps e membro del direttivo AI*IA). “Abbiamo introdotto il Bes, – ha continuato Ulivi, rivolgendosi alla platea di ragazzi in sala – cioè l’indice che non si basa solo sulla sensazione di felicità ma prende dodici indicatori che sono indici di benessere. Vi abbiamo sottoposto a dei questionari cercando di capire come siete posizionati rispetto a questi indici e per comprendere come bisogna muoversi rispetto al mondo che si sta prospettando. Avete desideri condivisibili: salute, formazione. Non avete fiducia nella politica e nella giustizia. Sono dati che fanno riflettere. Dell’Intelligenza Artificiale abbiamo una percezione dataci dai giornali in maniera sensazionalistica. Dobbiamo preoccuparci che abbiamo a che fare con macchine che sanno pensare e ragionare e voi dovete puntare sulla vostra creatività ed il vostro ingegno. Dobbiamo imparare a gestire questa situazione altrimenti le ripercussioni potrebbero essere pratiche e dannose. Il rischio è che ci saranno macchine che prenderanno decisioni sbagliate. C’è un progetto per insegnare il buonsenso alle macchine. Paul Allen, fondatore di Microsoft, sta ‘raccogliendo’ il buon senso mettendolo a disposizione delle macchine”.

Al professore Nicola Costantino (Economista aziendale Politecnico di Bari) il compito di parlare di economia e lavoro: “Nell’ Atene del VI secolo a.c. 60.000 cittadini si dedicavano alla filosofia, alle arti, alle attività sportive e ludiche, alla politica. 250.000 schiavi lavoravano per loro”. Chissà se i robot faranno la stessa cosa per noi, tesi che fa sorridere la platea, che viene subito coinvolta da Derrick de Kerckhove che chiama un pò di giovani al tavolo dei relatori per discutere di datacrazia e politica delle macchine. “Come vi sentireste ad essere valutati, oltre che dai governi e dalle imprese, anche dalle persone che vi circondano?”, chiede. Quella che qui sembra una possibilità lontana, in Cina è già realtà. La sicurezza è un problema centrale. Nel paese del Dragone hanno deciso di utilizzare l’intelligenza artificiale per facilitare il controllo, risparmiando su polizia ed esercito. La gente, quindi, è obbligata a far bene, si autoimpone di non sbagliare. Tutti d’accordo in sala che fortunatamente non siamo in Cina.

De Kerckhove passa alla datacrazia, cioè il sopravvento dell’intelligenza artificiale sulle decisioni politiche e sociali, un’opportunità per la ridistribuzione delle ricchezze. I ragazzi dubitano fortemente della capacità della macchina di decidere di volta in volta cosa sia giusto e cosa sbagliato. Per loro deferire ad un robot la politica sarebbe una mancanza di rispetto per chi per chi ha lottato con passione nella politica. L’ultimo argomento discusso con i giovani è il rapporto tra realtà e finzione. Anche in questo caso i giovani dicono che parlare con un bot, non è la stessa cosa di confrontarsi con una persona.

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