Nella splendida cornice della Galleria d’Arte A01, sita in Napoli alla via Chiatamone, il Panico parlerà del suo lavoro, un volume incentrato sul torneo più famoso d’Europa, la Champions League, ma vista da una angolazione del tutto peculiare, narrando la storia di ventuno finalissime di Coppa dei Campioni- dal 1956 al 2016- vista dalla parte delle squadre che la partita l’hanno persa e che quindi non hanno diritto al ricordo.
Artista eclettico e dalli proteiformi interessi, Panico nasce nell’ 81 in terra pomilia, trasferendosi poi nel 1999 a Roma, ove consegue la laurea in “Saperi e Tecniche dello Spettacolo” presso l’Università “La Sapienza”. Oltre alla prolifica attività di regista ed attore, sua attività d’elezione, non è nuovo al racconto letterario, avendo all’attivo, infatti, diverse pubblicazioni poetiche ed in prosa che hanno ricevendo numerosi riconoscimenti in campo artistico. Ha collaborato, fra gli altri, con Marco Baliani, Roberto Andò, Giancarlo Sepe, Piero Maccarinelli, Giuseppe Bertolucci, Rocco Papaleo, Alessandro Haber, Giovanni Veronesi e Giampiero Solari.
Dal 2010 è direttore artistico e regista del laboratorio teatrale per allievi attori under 30 promosso a Pomigliano D’ Arco (NA) dall’ Ente Teatro Pubblico Campano. Nel 2013 vince il premio “Carlo Feltrinelli-Il Razzismo E’ Una Brutta Storia (sezione teatro)” con lo spettacolo “Vai, Vivi e Diventa”. Sempre nel 2013 pubblica con Caracò Editore il libro di racconti “Terzo Tempo – Quindici Storie di Sport”. Ha collaborato, fra gli altri, con Marco Baliani, Roberto Andò, Giancarlo Sepe, Piero Maccarinelli, Giuseppe Bertolucci, Rocco Papaleo, Alessandro Haber, Giovanni Veronesi e Giampiero Solari. Nel 2015 ha firmato la regia dello spettacolo “The Open Game” prodotto dal Teatro Stabile di Napoli. Dal Novembre 2016 è assistente personale del maestro Maurizio Scaparro. Nel 2017 è finalista di “Fantasio – Festival Internazionale di Regia” a Trento. Tra gli ultimi lavori teatrali spicca “Certe notti con Luciano – io, Ligabue ed Altre Storie”.
Con “C’è mancato poco” il Panico racconta una delle sue grandi passioni, il calcio, ma lo fa da una angolatura del tutto particolare, analizzando l’oblio del perdente, di coloro che si sono cimentati nella celebre competizione sportiva senza portare a casa il trofeo. Il tutto raccontato in maniera appassionata ed in prima persone dall’autore, che farà palpitare il lettore, tralucendo il mix di emozioni narrate da chi il giuoco d’elezione del popolo italico lo segue vivendolo, col cuore in palpitazione. Ma la narrazione delle ventuno finalissime dei “secondi posti” non è solo un sentito racconto, non irradia solo i sentimenti del lettore, né tantomeno ha solo una connotazione biografica, ma ha anche un risvolto “storico”, pagina dopo pagina emergeranno in progress i cambiamenti interni al mondo del calcio e non solo, della “nostra” società nel “ventennio cibernetico” apertosi col nuovo millennio. D’altronde, come scrive il Panico “al pallone si chiede sempre di sobbarcarsi sulle sue righe di cuoio la retorica di una conciliazione che non potrà mai esserci. Perché il football resta una misera cosa: palpitante, felice e meravigliosa ma pur sempre una misera cosa che da sola non basta”.
Insomma traspare e si manifesta un disincanto del perdente che non elude la critica ove la competizione agonistica assurge ad allegoria dei mutamenti storici ed epocali, un quid che coinvolge i cittadini del “paese ove il bel sì sona” spesso assorbendo totalmente la loro opra ed i loro valori modellati in maniera distorta e succubi ad una società “mega-impresa” che premia il merito, purché abbia una finalità utilitaristica, e dimentica e non valorizza il lavoro che c’è dietro, gli sforzi da “mediano” di ligabuiana memoria, la ricerca, la strada ed il cammino che, usando le parole di Coelho sono ben più importanti del traguardo, essendo “ogni attimo di ricerca un momento di incontro con Dio” e, aggiungiamo noi, con noi stesi e con i nostri talenti che vengono così ad essere potenziati e di cui prendiamo, istante dietro istante, nei giorni, mesi e gli anni, discernimento.
Il massimo torneo calcistico europeo nasce grazie alla fortunata idea di monsieur Gabriel Hanot e diventa nella narrazione l’occasione per ripercorrere le nascenti rivalità tra il Real Madrid e le prime finaliste perdenti: le sfortunate partite in cui la graziosa anfora d’argento prendeva sempre la via del Santiago Bernabeu. Ecco quindi l’Olanda di Rinus Michels, specchio di una nazione “che gioca come vive e vive come gioca”, o il Panathinaikos della Grecia del regime dei colonnelli, i cui giocatori sono i figli di un piccolo paese ottuso, violentato e spaventato, o il ricordo di singoli campioni come Agostino Di Bartolomei nella finale di Roma del 1984. Una sorta di Real contro tutti, una denuncia simpatica ma al tempo stesso profonda dei “vincenti ad ogni costo”, dei “nati imparati”.
La prefazione al volume è curata dall’attore Giulio Scarpati, celebre al grande pubblico che lo conosce come il gentile dottor Lele Martini della fiction “Un Medico in Famiglia” che scrive “C’è mancato poco è una riflessione sulle occasioni perse e quelle mancate” proseguendo “chissà se l’autore non abbia voluto usare tutti questi eventi come metafora di un mondo che non riesce ad elaborare i propri lutti e non solo quelli sportivi”.
Giovanni Di Rubba