Sono stati tutti rinviati a giudizio i 14 imputati per il crollo della palazzina di Rampa Nunziante a Torre Annunziata. La decisione del gup Mariaconcetta Criscuolo è arrivata ieri, in seguito all’udienza preliminare. I reati contestati a vario titolo sono crollo colposo, omicidio colposo di otto persone e falso in atto pubblico.
«Imperizia, ignoranza tecnica: i segni del crollo imminente erano evidenti da settimane, andava almeno sgomberato il palazzo», ha affermato durante la requisitoria Andreana Ambrosino, sostituto procuratore che ha svolto le indagini coordinate dal procuratore capo Alessandro Pennasilico, insieme all’aggiunto Pierpaolo Filippelli.
Già settimane prima della tragedia che portò alla morte di otto persone lo scorso 7 luglio, secondo i pm, l’edificio aveva crepe profonde, porte e finestre non si chiudevano e un balcone era inclinato. A causare il cedimento, lavori «spregiudicati» realizzati nell’appartamento al secondo piano di proprietà di Gerardo Velotto, ma fino a pochi mesi prima di Massimo Lafranco.
E in una conversazione Whatsapp proprio l’ex proprietario, il 2 maggio 2017, scrisse: «chiamatemi solo se cade il palazzo». «Ti faccio avvisare da Giacomino», la risposta di Roberto Cuomo, amministratore di condominio che ha chiesto il giudizio immediato. Lafranco ha precisato che quel messaggio venne inviato in una chat con tutti i proprietari dell’immobile in maniera scherzosa e ben prima che si verificassero i segnali di cedimento.
Quest’ultimo – come scrive Il Mattino – è protagonista, insieme a Velotto di un altro episodio emerso ieri. Mentre si scavava tra le macerie, alle 9 del mattino, appena un paio d’ore dopo il crollo, Lafranco e Velotto andarono da un notaio per modificare il prezzo della compravendita dell’appartamento avvenuta con scrittura privata, da 276mila la cifra divenne così 210mila euro. «Non abbiamo ancora capito perché», ha commentato il pm Ambrosino. La prossima udienza si terrà il 28 febbraio 2019.