La sua parola d’ordine è “discrezione”. Lo è sempre stata. È questione di carattere e, si sa, “il carattere è il destino di una persona”. Quella telefonata al Capo del governo l’ha fatta perché proprio non ne poteva fare a meno. A parte che si “giocava” con la vita e la dignità del “prossimo”. Ma in ballo c’era ben altro. C’era la credibilità dello Stato, l’autonomia della magistratura, il buon senso. Ma come si fa a bloccare l’entrata in un porto italiano di una nave militare del nostro Paese? Ma come si fa a pretendere lo sbarco degli emigranti ammanettati senza il doveroso intervento della magistratura?
La risposta è una: pubblicità. Per alcuni esponenti politici nostrani la politica non è più la “gestione della polis”, ma è solo “propaganda’” che condiziona ed “indirizza” il consenso. Tutto viene fatto in tale direzione, costi quel che costi, sempre che i sondaggi elettorali aumentino. È questo ciò che conta. E il bene dei cittadini? Tutto si fa per loro, ovviamente. Per quello che loro “percepiscono”, al di là dell’effettiva efficacia dei provvedimenti. E quando certi fenomeni preoccupano, o possono preoccupare la pubblica opinione, invece di spiegare, chiarire, informare, si cavalca la paura. Si soffia sul fuoco perché ciò porta consensi. E da questo punto di vista l’ex padano, ex secessionista, Matteo Salvini è un maestro. Comunque è riuscito a far lievitare i consensi al suo partito dal 17 al 30 per cento. Con questi risultati è pronto a veleggiare in Europa, per fondare il partito sovranista di un’Europa… divisa.
Sergio Mattarella ha composto il numero di Palazzo Chigi e ha telefonato al suo inquilino, legittimo fino ad un certo punto. È stato messo là dai due comandanti-contendenti, Salvini e Di Maio, proprio perché non potevano farne a meno. Ma chi decide e interpreta il contratto di governo sono loro due e basta.
“Caro presidente del Consiglio dei ministri”, avrà esordito il Capo dello Stato, “forse sarebbe il caso che tu intervenissi per sbloccare una situazione che ha del preoccupante…” No, sicuramente non gli avrà detto che avrebbe lui dovuto già prendere l’iniziativa per risolvere una vicenda, che se non fosse tragica, sul piano realistico non potrebbe non essere considerata comica. Che poteva fare il presidente del Consiglio? Certo, telefonare a Salvini per informarlo, ma poi decidere l’apertura dei porti a quella nave, facendo fare alla magistratura la sua parte.
La risposta di Salvini è stereotipata. Nessuna polemica. Lui resta sulle sue posizioni, sono altri che hanno “ceduto”. Anche sull’intervento di Mattarella bocca cucita, ma pare che la telefonata del presidente della Repubblica, che doveva rimanere riservata, è trapelata proprio dal Viminale. Il messaggio del ministro dell’Interno, in questo caso come pure negli altri, è semplice e chiaro: “Io ci provo in tutti i modi a rendere l’Italia libera dai migranti, sono altri che si muovono in senso contrario”.
Da parte sua Giggino Di Maio, al di là della “facciata” tutta rose e fiori del “contratto di governo”, mal sopporta il collega vice presidente del Consiglio. Lui, Matteo, con la storia degli emigrati ha fatto “bingo”, aumentando i consensi elettorali oltre qualsiasi congettura. Insieme a Berlusconi ed alla signora Meloni il trio supera nelle previsioni il 40 per cento dei voti alle prossime tornate elettorali. Gigino, invece, nei sondaggi è in calo e non può sperare in un’alleanza con il Partito Democratico per fare il grande salto della quaglia. Eppoi i suoi cavalli di battaglia, il decreto “dignità” e la fine dei “vitalizi” ai parlamentari, non hanno funzionato come lui avrebbe voluto. Che il ministro del Lavoro, e vice presidente del Consiglio, vari un decreto che dovrebbe rilanciare l’occupazione mentre, secondo alcune fonti pubbliche – Inps e ministero del Lavoro -, farà perdere ben 8.000 posti di lavoro all’anno, è un’assurdità. Ai voglia a dire, come fa Di Maio, che sono bugie e che il presidente dell’Inps e qualche traditore in casa hanno giocato sporco. In questa triste vicenda si vede tutta l’approssimazione e l’inesperienza di chi ritiene di rappresentare il governo del cambiamento. Un po’ di suggerimenti dettati dalla grande esperienza passata potrebbe aiutare Giggino, anche a difendersi dal Matteo padano. Potrebbe farsi consigliare dall’esperto napoletano di lungo corso, ex onorevole, Paolo Cirino Pomicino, ad esempio.
Elia Fiorillo