Aziende in attivo nel meridione e politiche locali : è giunto il momento di spingere sui rispettivi territorio perché si regolarizzino posizioni precarie che rischiano letteralmente di portare alla pensione ( che non percepiranno mai) per età i lavoratori. Una condizione che ormai rasenta l’osceno, ultra cinquantenni che tirano avanti con contratti a tempo determinato che potrebbero trasformarsi in assunzioni quanto meno par time se non si confondesse il profitto di molti aziende con l’avidità di aumentare esponenzialmente il capitale degli azionisti senza alcun beneficio per chi opera precariamente da anni all’interno di società perennemente in attivo.
Dati allarmanti che non lasciano presagire nulla di buono per l’immediato futuro, esasperando ulteriormente una forza lavoro che si vede colpita nella dignità. Assurdo far finta di niente, ignorare realtà ben visibili a tutti che compromettono inesorabilmente il destino di migliaia di italiani. Senza lavoro stabile è impossibile costruirsi un avvenire, mettere su famiglia, con il costo della vita in vertiginoso aumento e i servizi pubblici ormai allo sbando dal settore sanitario ai trasporti. Ormai si lotta per racimolare il periodo lavorativo minimo per poter poi richiedere una mini disoccupazione galleggiando in un eterno limbo che spegne le speranze e la positività della gente. In tal senso le forze sociali, senza distinzioni di sigle, sono oggi chiamate a ritrovare il senso profondo di un ruolo che forse si è un po’ perso negli anni, battendosi per i diritti dei lavoratori e la qualità d’esistenza degli stessi.
L’occupazione si crea e si preserva non si distrugge. Riduttivo però addossare ogni colpa a presunte intese tra forze sindacali e aziende, soprattutto poi quando a muovere certe accuse sono proprio gli stessi personaggi che avrebbero beneficiato direttamente di certi accordi. Sarebbe giunto il momento di ritrovare compattezza e sinergia d’intenti per salvare quanto meno il salvabile: avvilente vedere un giovane aspirare alla disoccupazione per poter tirare avanti, un padre di famiglia di mezz’età logorato dalla preoccupazione di non poter più far fronte alle esigenze primarie dei propri cari. Della serie: si muova la politica e lo faccia concretamente o l’Italia continuerà questa folle corsa verso la più miserabile delle implosioni.
Alfonso Maria Liguori