Il Gazzettino vesuviano | IGV

In politica la confusione regna sovrana

La confusione c’è e si vede. Per tutta risposta i politici colpevoli di questo stato di cose rispondono con sicumera, elargendo certezze a gogò. Nessun dubbio se lo spread sale in modo preoccupante. E’ colpa dei nemici del “nuovo che avanza”. E si procede con lo stesso copione anti critiche difronte a richieste di chiarimenti. Per non parlare poi delle denunce d’incongruenze o di palesi errori valutativi. La risposta è stereotipata, basata su certezze fideistiche centrate sulla “rivoluzione del nuovo” che tanti nemici ed invidie si porta dietro. Difronte a certe prese di posizione illogiche, per non dire vaneggianti, uno si pone il dilemma: “ma ci sono o… ci fanno?”.

Il ministro dell’Economia e delle finanze, Giovanni Tria, a differenza di Salvini e Di Maio, di preoccupazioni ne ha un bel po’. Prova in tutti i modi a rassicurare le agenzie di rating che, al di là di certe “sparate” dei suoi “superiori” sull’Europa e sugli splafonamenti necessari, tutto è sotto controllo. Ci prova a mettere dei paletti all’introduzione del reddito di cittadinanza o alla modifica della legge Fornero. Sa bene che una cosa è promettere, un’altra, nella situazione in cui versa l’Italia, è mantenere certi cavalli di battaglia. Fino adesso è riuscito a far pendere la bilancia sulle sue “ragioni”, ma per quanto tempo ancora fermerà il convincimento dei mercati che l’Italia è inaffidabile? Che, come si diceva una volta, “fa fumo con la manovella”?

Un altro che prova a divincolarsi da taluni proclami elettorali è il presidente del Consiglio. Non deve essere facile mediare tra il ministro leghista dell’Interno e quello stellato del Lavoro. L’idea di gettare la spugna gli è passata probabilmente per la testa parecchie volte, ma un atto del genere potrebbe aprire nel contratto Lega – 5Stelle falle devastanti. E, allora, con sofferenza resta al suo posto di capo – esecutore – dell’esecutivo. Le mani avanti però le ha messe. Questo è l’ultimo suo “giro” da presidente e forse da politico.

Con molta probabilità, sempre che tutto fili liscio, la prova del fuoco per Di Maio e Salvini avverrà a maggio, alle elezioni Europee. Matteo è convinto di fare “bingo” alle europee. Già adesso sta provando a trasformare una sconfitta in opportunità. La vecchia Lega bossiana deve dare allo Stato un mucchio di soldi truffati: 49 milioni di euro circa. Tutti i conti correnti leghisti sono sotto sequestro. L’unica cosa da fare per non pagare il salato conto è di cambiare nome al partito. Alberto da Giussano riposto nei ricordi. Al suo posto un altro eroe che possa andar bene al Cavaliere Silvio Berlusconi ed alla sorella-fratello d’Italia Giorgia Meloni. Perché l’idea di Salvini è fondere in un sol partito la Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia. Ovviamente lui, il Capitano, sarebbe il capo assoluto e indiscusso della nuova forza politica. Né Berlusconi, né Meloni accettano l’idea salviniana del partito unico. Certo, temono le elezioni europee che potrebbero di molto ridimensionare  la consistenza dei loro partiti. E l’ex seguace di Alberto da Giussano, al di là del partito unico della destra, punta alle europee che lo dovrebbero vedere super vincente, mentre i suoi amici-nemici-alleati dovrebbero portare a casa il super minimo storico dei voti. Insomma, o partito unico o volatilizzazione elettorale.

Luigino Di Maio deve  mantenere le promesse elettorali per quando riguarda il “reddito di cittadinanza”. 780 euro al mese da assegnare a tutti coloro che non hanno un lavoro, oppure a chi ha uno stipendio o una pensione inferiore a questa cifra. In questo caso ci sarebbe un reddito integrativo fino ad arrivare a 780 euro. Parliamo, più o meno, di 15 miliardi di euro annui. E, con i tempi che corrono, non sono uno scherzo.

Mentre Salvini, con le polemiche sugli emigranti e via dicendo, non deve fare i conti con “promesse non mantenute”. Con il calderone degli stranieri sanguisughe  ha quadrato il cerchio. Certo, c’è la fla tax da realizzare, ma nell’immagine che pubblicitariamente si è costruita non sarà un problema rimandare la realizzazione della riforma delle tasse. Di scuse se ne possono inventare ad iosa. Di Maio, invece, non può mollare il punto più rilevante del programma dei Pentastellati. Certo, ha portato a casa la riduzione dei vitalizi ai parlamentari, ma c’è il rischio del “buco nell’acqua” per la montagna di rincorsi che i “danneggiati” invieranno in tutti i tribunali possibili. Insomma, “Che Dio ci aiuti”, parafrasando una fortunata serie televisiva.

 

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