Nello specifico sembra che Lardone abbia pagato con la vita l’intenzione di rivelare ai giudici numerosi reati commessi dal clan e le collusioni tra i Vollaro e alcuni politici nel sistema degli appalti truccati. Nel 1992 Luigi Vollaro è stato sottoposto al regime del carcere duro, uno dei primi malavitosi per il quale si è disposto il 41 bis. Le redini del clan sono passate ai figli Pietro, Giuseppe, e Raffaele. Un altro figlio, Antonio, pur essendo da sempre estraneo agli affari di famiglia, è stato ingiustamente detenuto per anni per un omicidio commesso dal fratello Ciro ora collaboratore di giustizia che con le sue rivelazioni ha offerto un contributo eccezionale ai magistrati nella lotta a gli affari illeciti del clan. Un gruppo criminale talmente indebolito nel tempo da invogliare il clan Sarno di Ponticelli a tentare la conquista del territorio. Carismatico e spietato ‘o califfo ha saputo tessere fitte ragnatele di contatti tra politici, imprenditori e funzionari dello Stato.
Oggi parte di quei politici intervistati negano persino di aver conosciuto il capoclan che al contrario ne ha determinato successo elettorale e potere decisionale sul territorio a livello amministrativo. Questo vergognoso costume ha spesso scandito i ritmi della vita politica partenopea e dell’hinterland vesuviano. A flotte politici esordienti assediavano le case dei padrini della Nuova Famiglia chiedendo voti e protezione in cambio poi di appalti e licenze una volta eletti. Tutti ne erano a conoscenza ma stranamente oggi pochi sembrano rammentare come, soprattutto nel periodo del terremoto dell’’80, si facesse politica a Napoli e in provincia. Un criminale che coerentemente con una scelta di vita scellerata non si è mai pentito (Luigi Vollaro è stato stroncato da un infarto in carcere nel 2015). Un figura ancora forte nell’humus porticese, il patriarca di una stirpe apparsa non sempre all’altezza, criminalmente parlando, del ruolo ricoperto da Luigi Vollaro all’interno della Nuova Famiglia. Una circostanza questa, ovvero l’inadeguatezza del riciclo generazionale, che avrebbe penalizzato nel tempo i clan che componevano la cupola di un’associazione camorristica talmente potente e temuta da essere menzionata nei libri di educazione civica in uso nelle scuole dell’obbligo.
Alfonso Maria Liguori