Un particolare da non sottovalutare nel rispetto delle tante persone oneste che animano da sempre una città ricca di storia e cultura, un monito a non abbassare la guardia nei confronti degli storici sodalizi criminali vesuviani dalla capacità rigenerativa impressionante. Grande alleato dei Nuvoletta di Marano, Gionta è cresciuto alla corte di un altro padrino di camorra, Michele Zaza, zio dei potenti Mazzarella di San Giovanni a Teduccio e massimo esponente del contrabbando di sigarette a Napoli e in provincia.
Un padrino della camorra in grado di tener testa a capi storici del crimine organizzato del calibro di Antonio Bardellino, Carmine Alfieri, Mario Fabbrocino e Pasquale Galasso rispondendo colpo su colpo ad agguati spesso di violenza inaudita (come la famosa strage del 1984 in cui persero la vita numerosi affiliati dei “valentini” su mandato di Bardellino e su esecuzione materiale degli uomini di Alfieri).
Persino la Nco di Raffaele Cutolo dovette segnare il passo a Torre Annunziata dinanzi alla leadership criminale di Valentino Gionta: gli anziani che l’hanno conosciuto di persona raccontano di come “Valentino” abbia consentito a tanti giovani torresi di campare con il contrabbando di sigarette o inserendoli nel settore ittico (attività ufficiale del boss torrese).
Fedelissimi del ras oplontino Umberto Onda, alias “Umbertino”, punta di diamante del gruppo di fuoco dei “valentini” condannato all’ergastolo per 3 dei 6 omicidi commessi tra il 1998 e il 2004 nella sanguinosa guerra di mala contro il sodalizio criminale Limelli-Vangone e Alfonso Agnello, alias “ Chio Chio”, detenuto nel carcere di Opera dove sta scontando una condanna a 17 anni di reclusione. Personaggi spietati, per anni incubo di commercianti e imprenditori della zona.
Rispettati dai Cesarano, D’Alessandro, Matrone e alleati (tra gli altri clan del vesuviano) con i Birra di Ercolano, i Gionta sarebbero ancora ben ramificati in tutti gli strati della comunità torrese.
Della serie: dall’ergastolo in regime di 41 bis Valentino Gionta è ancora il “re” (criminalmente parlando) di Torre Annunziata.
Alfonso Maria Liguori