Grande scalpore ha suscitato la vicenda dei 70 lavoratori del CMO licenziati perché la struttura dii Medicina Nucleare del centro presso il quale erano impiegati è stata chiusa per un abuso edilizio. Ma grande solidarietà si è subito manifestata per chi da questa vicenda è uscito malconcio, senza più un lavoro, scaraventato in un presente fatto di precarietà e disoccupazione.
In tantissimi, tra cittadini, pazienti e associazioni, seguendo l’evolversi della vertenza sui social hanno espresso la loro vicinanza agli esodati con messaggi e attestati di stima. Basta consultare la pagina facebook del Comitato lavoratori cmo art.32 per rendersi conto di quanto grande sia l’attenzione per il dramma sociale che tale vicenda ha fatto esplodere nella comunità oplontina e di quanto vicina sia la popolazione alle sorti di uomini e donne della loro terra.
Abbiamo quindi provato ad ascoltarle alcune testimonianze, un paio tra quelle più significanti, ma che danno il senso di una generalità di voci che esprimono tutte la stessa preoccupazione, lo stesso affetto.
Aurora, artista, napoletana che vive da trent’anni a Torre, sposata con due figlie, così dichiara: “ho seguito la vicenda dei lavoratori aggiornandomi quotidianamente sui social. Credo che questa vicenda abbia un elevato grado di incomprensibilità. E’ surreale: perdere il lavoro perché il palazzo che ospita il reparto dove si era impiegati viene sequestrato e chiuso. Ho sempre pensato che questa città meritasse di più per le potenzialità che ha, ma molto rimane inespresso. Bisognerebbe puntare alla valorizzazione di ciò che è indice di qualità del luogo, invece pure questa storia drammatica mi fa capire che non molto sii fa in questa direzione e che anzi proprio su questo le istituzioni latitano”.
Maria, oplontina doc, trent’anni e due bambini, così ci dice: “io abito a via Roma, proprio la strada dove ha sede il CMO. Da quando il centro ha cominciato a funzionare hoo subito notato un grande miglioramento per quest’area della città. Prima era invivibile e fatiscente, la sera il deserto. Poi, grazie anche alla presenza di chi il centro lo usa come polo specialistico per le proprie cure e alla presenza dei tanti lavoratori, la zona si è rianimata. Anche l’architettura dei palazzi ha subito una trasformazione, in meglio s’intende.
E non nascondo che proprio grazie alla rinata effervescenza sociale di tale zona ho potuto realizzare il mio sogno: aprire un bar. Posso dire, quindi, che faccio parte di quell’indotto che si muove al fianco ed intorno all’attività del polo specialistico. Ma da quando il centro è stato bloccato per la sua parte più significativa, la medicina nucleare, ho già notato un calo dei profitti della mia attività pari al 40%.
E’ incredibile come le azioni buone in questa città vengano sempre ostacolate. Io sono solidale con chi ha perso il posto di lavoro, sono per il diritto alla salute. Ma capisco pure che senza questa attività anche il mio presente è messo in discussione, subisce un peggioramento in termini e di guadagno e di qualità della vita. Ecco perché mi sento di solidarizzare e lottare con loro, con forza, per il futuro del nostro quartiere, mio e dei miei figli. Per non tornare indietro, in una situazione che era caratterizzata solo dal coprifuoco, dal disagio sociale e dalla depressione economica”.
vian