A Portici Luigi Vollaro, “‘o califfo” intrecciò interessi politici, imprenditori e Stato

Oggi parte di quei politici negano persino di aver conosciuto il capoclan che al contrario ne ha determinato successo elettorale. A flotte politici esordienti assediavano le case dei padrini della Nuova Famiglia chiedendo voti e protezione

Non si sarebbe eclissata a Portici la stella criminale di Luigi Vollaro, alias ‘o califfo, padrino della camorra vicino ai vertici della Nuova Famiglia e in particolare del ras Carmine Alfieri.

Ma chi era “‘o califfo”? Luigi Vollaro (1932 – 2015) è stato il fondatore dell’omonimo clan di camorra operante nella zona Est di Napoli, più precisamente nell’area del Comune di Portici. Lo pseudonimo di “califfo” gli viene attribuito negli ambienti di mala per la sua grande fecondità: 27 figli avuti da una decina di relazioni.

Il clan Vollaro, particolarmente attivo nel traffico di stupefacenti e nel racket, ha combattuto due grandi guerre di camorra: la prima tra il 1977 e il 1997 dettata da scissioni interne che provocarono una ventina di omicidi e l’altra negli ultimi mesi del 2001 e i primi del 2002 contro il clan Cozzolino di Ercolano. All’interno dell’associazione malavitosa denominata Nuova Famiglia, Luigi Vollaro ha ricoperto sempre ruoli apicali schierandosi apertamente contro la Nco di Raffale Cutolo. Nel 1982 una pesante tegola si è abbattuta sul boss di Portici: è stato infatti condannato all’ergastolo per l’omicidio del 24enne Giuseppe Mutillo (affiliato agli stessi Vollaro) avvenuto nel 1980.

Il secondo ergastolo è arrivatao per il “califfo” nel 2003 per l’omicidio di Carlo Lardone, un altro gregario dei Vollaro. Nello specifico sembra che Lardone abbia pagato con la vita l’intenzione di rivelare ai giudici numerosi reati commessi dal clan e le collusioni tra i Vollaro e alcuni politici nel sistema degli appalti truccati. Nel 1992 Luigi Vollaro è stato sottoposto al regime del carcere duro, uno dei primi malavitosi per il quale si è disposto il 41 bis. Le redini del clan sono passate ai figli Pietro, Giuseppe e Raffaele. Un altro figlio, Antonio, pur essendo da sempre estraneo agli affari di famiglia, è stato ingiustamente detenuto per anni per un omicidio commesso dal fratello Ciro ora collaboratore di giustizia che con le sue rivelazioni ha offerto un contributo eccezionale ai magistrati nella lotta a gli affari illeciti del clan. Un gruppo criminale talmente indebolito nel tempo da invogliare il clan Sarno di Ponticelli a tentare la conquista del territorio.

Carismatico e spietato ‘o califfo ha saputo tessere fitte ragnatele di contatti tra politici, imprenditori e funzionari dello Stato. Oggi parte di quei politici intervistati negano persino di aver conosciuto il capoclan che al contrario ne ha determinato successo elettorale e potere decisionale sul territorio a livello amministrativo. Questo vergognoso costume ha spesso scandito i ritmi della vita politica partenopea e dell’hinterland vesuviano.

A flotte politici esordienti assediavano le case dei padrini della Nuova Famiglia chiedendo voti e protezione in cambio poi di appalti e licenze una volta eletti. Tutti ne erano a conoscenza ma stranamente oggi pochi sembrano rammentare come, soprattutto nel periodo del terremoto dell’’80, si facesse politica a Napoli e in provincia.

Un criminale che coerentemente con una scelta di vita scellerata non si è mai pentito (Luigi Vollaro è stato stroncato da un infarto in carcere nel 2015). Un figura ancora forte nell’humus porticese, il patriarca di una stirpe apparsa non sempre all’altezza, criminalmente parlando, del ruolo ricoperto da Luigi Vollaro all’interno della Nuova Famiglia. Una circostanza questa, ovvero l’inadeguatezza del riciclo generazionale, che avrebbe penalizzato nel tempo i clan che componevano la cupola di un’associazione camorristica talmente potente e temuta da essere menzionata nei libri di educazione civica in uso nelle scuole dell’obbligo.

Alfonso Maria Liguori

Donazione sostieni il Gazzettino Vesuviano