Il Gazzettino vesuviano | IGV

Vesuvius / Apocalissi Erotiche di Ciro Ciliberti

Fu uno “spettacolo” che turbò, come tanti, anche Ciro Ciliberti, nato alle falde del vulcano in quel di Torre Annunziata.

Nel luglio 2017 un vasto incendio appiccato in più punti, devastò oltre il 50% della superficie forestale del Vesuvio, pari a 3.000 ettari. Pinete distrutte, stabilità meccanica degli alberi compromessa, fruibilità di itinerari naturalistici e turistici

azzerata e, ovviamente, conseguente morte della fauna autoctona e non.

Un disastro ecologico dall’impatto ambientale inestimabile e le cui conseguenze si riverseranno anche sulla salute delle popolazioni limitrofe.

“Il cielo, durante i primi giorni dell’incendio, aveva colorazioni surreali. Non era grigio ma blu cobalto, rossi indefinibili”, racconta Ciro Ciliberti che istintivamente decise di andar lì mentre tutto fumava e bruciava ancora per prendere immagini che avrebbero esorcizzato nel suo intimo quella bestialità provocata dall’uomo.

Era uno spettacolo, ma inquietante. Ciro Ciliberti attraverso le sue immagini, cerca sempre di individuare una certa “alterità” di ciò che si trova di fronte. O perlomeno cercare di creare, visualizzare, l’opposto di un’identità perduta.

Uno scenario da The Day After sul quale voler segnare tracce di vita. Contrastare la morte della Natura con una scia di Bellezza. Di vita. Con un desiderio forse inconscio di contaminare, nell’accezione migliore del termine, l’orrore con la presenza di quel che è un simbolo di rinascita, di perpetuo continuum dell’umanità: la donna. L’Araba Fenice deve risorgere dalle sue ceneri.

Ciro Ciliberti si addentra con la performer Amelia, metafora di una dea-donna, nei boschi del Vesuvio ormai ricoperti di cenere e con alberi ancora brucianti. Lei è nuda, come sopravvissuta o appena creata adulta in un Paradiso reso Inferno. Sembra ignara di dove potesse trovarsi.

Tra tanta devastazione è l’elemento di speranza della rinascita.

Il suo corpo passa in secondo piano rispetto all’imponenza del paesaggio grigio. L’immensità del paesaggio resta tale nonostante lo scempio.

Le immagini sono in bianconero ma percepisco un colore rosato di quella pelle femminile e l’associo alla bambina col cappottino rosso del film Shindler List. Colei che sopravvisse alla guerra. La speranza del divenire.

Amelia è Giunone, dea del parto, protettrice dello Stato, del Vesuvio. Allatta con la sua sola presenza, a piedi nudi, ciò che resta del mondo. Infonde benessere nella tragedia. E nei mesi a venire, dopo l’incendio, il sottobosco riprende vita.

Ciro Ciliberti continua a documentare con le sue immagini quei luoghi ed ha conferma che la Natura se ne frega della morte. Tutto continua. Tutto si riproduce. È un divenire della vita, della vegetazione che si fa strada. Passionalmente. Una sessualità naturale dove i giochi erotici fanno parte della ruota della vita. Vita e morte.

Tutte le fotografie della mostra di Ciro Ciliberti sono stampate in analogico bianconero. Venti immagini formato 60×40 e 90×70. La mostra è curata da Franco Cipriano.

MA – Movimento Aperto Via Duomo, 290/c (Piazza Filangieri) – 80138 Napoli

Dal 14 dicembre all’8 gennaio 2019. Lunedì e martedì ore 17-19 / venerdì ore 10.30- 12.30 e  su appuntamento. Info: +39 333 2229274

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