Dopo dieci anni di processi, 45 udienze, perizie, maxi-perizie, 120 testomoni e decine di consulenti tecnici ascoltati, il caso di Stefano Cucchi – trentunenne geometra romano morto il 22 ottobre 2009, dopo sette giorni di custodia cautelare in carcere per detenzione di stupefacenti – è a una svolta.
Con l’interrogatorio del superteste Francesco Tedesco – il carabiniere imputato di omicidio preterintenzionale – il processo Cucchi entra nella fase più importante. Dal suo racconto in aula emergono inquietanti scenari di una vicenda nota all’opinione pubblica ma che mancava di elementi di verità.
“Chiedo scusa alla famiglia Cucchi e agli agenti della polizia penitenziaria, imputati al primo processo. Per me questi anni sono stati un muro insormontabile”, ha esordito Tedesco all’inizio della sua deposizione.
Poi ha ricostruito le parti più oscure della vicenda: “Al fotosegnalamento Cucchi si rifiutava di prendere le impronte. Siamo usciti dalla stanza e il battibecco con Alessio Di Bernardo (carabiniere imputato) è proseguito. A un certo punto Di Bernardo ha dato uno schiaffo violento a Stefano; Cucchi è caduto a terra, battendo la testa e Raffaele D’Alessandro (altro carabiniere imputato) ha dato un calcio in faccia a Stefano”.
Francesco Tedesco accusa esplicitamente gli altri due militari coimputati, D’Alessandro e Di Bernardo. “Non era facile denunciare i miei colleghi. Il primo ha cui ho raccontato quanto è successo è stato il mio legale. In dieci anni della mia vita non lo avevo ancora raccontato a nessuno. Dire che ebbi paura è poco. Ero letteralmente terrorizzato. Solo, contro una sorta di muro. Sono andato nel panico quando mi sono accorto che era stata fatta sparire la mia annotazione di servizio, fatto che avevo denunciato.
Poi Tedesco racconta cosa gli avrebbe detto il maresciallo Mandolini quando gli chiese come doveva comportarsi se fosse stato chiamato a testimoniare per la morte di Cucchi: “Tu devi continuare a seguire la linea dell’Arma se vuoi continuare a fare il carabiniere”.
A margine, le dichiarazioni del comandante dei Carabinieri, Giovanni Nistri, affidate ad una lettera inviata alla sorella di Stefano Cucchi, Ilaria, in cui afferma: “Abbiamo la vostra stessa impazienza che su ogni aspetto della morte di suo fratello si faccia piena luce e che ci siano infine le condizioni per adottare i conseguenti provvedimenti verso chi ha mancato ai propri doveri e al giuramento di fedeltà”.
Ilaria Cucchi: “Dopo dieci anni di menzogne e depistaggi in quest’aula è entrata la verità raccontata dalla voce di chi era presente quel giorno. Le dichiarazioni e le intenzioni espresse dal comandante generale dell’Arma ci fanno sentire finalmente meno soli, si è schierato ufficialmente dalla parte della verità”.
E.I.