In arrivo ulteriori misure per il Reddito di cittadinanza. Ad annunciarle è direttamente il presidente dell’Inps Pasquale Tridico, che ha dichiarato di volere estendere le misure anche ai neo-disoccupati, ovvero chi ha da poco perso il lavoro e non può richiedere il sussidio solo perché l’anno precedente aveva un reddito.
“La bozza di provvedimento è sul mio tavolo, spero possa essere discussa in Parlamento al più presto, forse già alla fine di questo mese”, queste le parole di Tridico in un’intervista a La Stampa. La volontà del presidente dell’istituto è quella di valutare le richieste per accedere al sussidio sulla base del “reddito corrente: ciò permetterà ai disoccupati in particolari situazioni, percettori di sussidio di disoccupazione o disoccupati da oltre diciotto mesi, di accedere al reddito”. Ad oggi infatti per accedere al reddito di cittadinanza si fa riferimento al reddito Isee dell’anno precedente.
Tridico, inoltre, ha fatto il punto sulle richieste del reddito di cittadinanza: ammontano a poco più di un milione le domande arrivate nei primi due mesi all’Istituto di previdenza con un ritmo di mille al giorno. Il 75 per cento di queste dovrebbero essere accolte con un assegno medio che ammonta a 520 euro circa.
Intanto continua la mobilitazione dei licenziati e disoccupati Fiat di Pomigliano per vedere attuate le modifiche che allarghino la platea dei percettori del reddito. Sono stati proprio loro, con l’occupazione del campanile della chiesa del Carmine a Napoli qualche settimana fa, ad accendere i riflettori sulla questione ed aprire una breccia nel muro del “reddito di sudditanza”.
“Con la lotta – dicono – sono stati smascherati i limiti e le contraddizioni di questo provvedimento, fiore all’occhiello del governo gialloverde, infarcito di ostacoli e vincoli burocratici che hanno ridotto all’osso la platea dei cosiddetti beneficiari, riproducendo meccanismi discriminatori e di concorrenza tra chi aspirava a ricevere il misero sussidio vincolato a una regolamentazione capestro (Indicatore Isee, nucleo familiare e residenze, permesso di soggiorno, conti commissariati, spese controllate, avviamento coatto al lavoro e sanzioni penali per chi sgarra)”.
Decisi a non mollare la presa, rilanciano le loro rivendicazioni, provando ad estenderle su un piano più complessivo di critica allo stato di cose presenti che produce politiche discriminatorie e marginalizzanti nei confronti di sempre più grandi pezzi di società.
“È importante provare ad allargare e rafforzare questa lotta con una mobilitazione che coinvolga anzitutto gli operai licenziati e i disoccupati. La battaglia per noi non si pone nei termini di chi si illude di ottenere risultati perché il governo sarà incalzato da proposte per il miglioramento del RdC, ci interessa invece alimentare l’insofferenza allo stato di cose presenti e la disponibilità alla lotta di un settore di classe, l’unità e la convergenza tra operai licenziati e disoccupati che all’arrendevolezza, alle lagne colorate e perbeniste di una certa sinistra, alla guerra tra sfruttati, sostituiscono la lotta per condizioni di vita più dignitose. Il “reddito di sudditanza” da un lato certifica l’esistenza di milioni di persone che non hanno mezzi per vivere dignitosamente e dall’altro che questo sistema è incapace di provvedere a loro, mancando puntualmente tutto ciò che promette. E’ indispensabile – per i licenziati Fca e i disoccupati napoletani -passare dalla battaglia per un reddito a una lotta anti-sistema”.
E’ indubbio che la domanda di reddito mira a riaggregare bisogni, ambizioni, informazioni di coloro i quali erano i falliti del neoliberismo e che ora diventano il nuovo capitale umano su cui sviluppare l’accumulazione capitalistica. Solo in teoria, infatti, questa misura anti-povertà mira a liberare spazi e tempi, in realtà ripropone, neanche tanto velatamente, la logica dello sfruttamento e della precarietà. Ad esempio, specialmente al Sud, in moltissimi saranno costretti – in base agli obblighi imposti ai percettori del sussidio – a sobbarcarsi lavori a centinaia di km da casa.
La fiducia tributata dalle regioni meridionali al M5S, sul banco di prova elettorale, non ha sancito una vittoria politica dei pentastellati, in quanto frutto, essenzialmente, del sentimento anti-casta che, come è noto, domina soprattutto
nelle zone dove la malapolitica e la corruzione l’hanno sempre fatta da padrone. E’ in questa tensione dialettica che il conflitto sociale sicuramente troverà nuova linfa: intercettare il disagio diffuso potrà – per i settori di società impoveriti e sfruttati – giocare un ruolo importante per spostare la lotta su un piano più complessivo e per rivendicare un reddito universale incondizionato.
E.I.