Sarrismo – Tristezza e Tradimento

Maurizio Sarri è il nuovo allenatore della Juventus: è la morte di un’utopia

Dopo tante speculazioni, voci, chiacchiere, smentite (in realtà mai arrivate), ora è ufficiale: Maurizio Sarri è il nuovo tecnico della Juventus Football Club. Guiderà i bianconeri per le prossime tre stagioni, guadagnando 6 milioni di euro l’anno.

La realtà quindi era ed è questa, la Juventus ha voluto Sarri e Sarri ha voluto la Juventus, nonostante per settimane in molti non ci credevano o non volevano crederci. E d’altronde come si poteva credere che l’allenatore che più di tutti negli ultimi anni si è issato ad avversario e nemico del potere bianconero potesse diventarne il condottiero.

Se dici che la tua squadra, il tuo Napoli, per avere un rigore dovrebbe indossare delle maglie a strisce, è difficile credere che proprio tu poi indosserai davvero quella maglia a strisce. Se dici di voler querelare chi ha insinuato che fossi stato in contatto con la dirigenza juventina, è difficile credere che due anni dopo non solo ci entri in contatto ma firmi anche il contratto.

Se mostri il dito medio contro quei tifosi che insultano la tua squadra e la tua città, è difficile da credere che poi quel dito medio diventerà un pollice alzato. Se accusi il sistema di favorire la Juventus anche sulla composizione dei calendari, è difficile credere che poi accetterai di ricevere questi presunti favori. Se dici di aver perso lo scudetto in un albergo di Firenze per colpa degli errori arbitrali a senso unico in quel famoso Inter-Juventus, è difficile credere che ti siederai in un albergo di Torino per diventare il loro allenatore. Se dici di voler “conquistare il palazzo”, è difficile credere che poi nel palazzo ci entrerai con l’invito ufficiale.

Nella tifoseria azzurra questo passaggio di Sarri alla Juventus è stato preso come un vero e proprio tradimento, come quello di Higuain, più di quello di Higuain. E non sarebbe potuto essere diversamente, visto il riconoscimento che tutto il popolo partenopeo ha dato al tecnico come capo di una filosofia calcistica e di vita, che andava oltre il rettangolo di gioco. L’allenatore arrivato dai campetti di provincia con la sua tuta, le sue sigarette, la sua sfrontatezza e la sua genuinità, che ha regalato di nuovo il sogno di poter vincere davvero, come è successo soltanto con Maradona, vincere divertendosi e non stando soggiogati alle ‘regole costituite’. E forse l’errore è stato proprio questo, l’errore lo hanno commesso tutti gli individui che hanno creduto che una persona che fa parte del mondo del calcio potesse essere qualcosa di più di un uomo che vive il suo lavoro, nulla più e nulla meno, nonostante tutto quello che ha fatto e detto nella sua vita. Perché se a 60 anni rinneghi quasi in toto le tue parole, i tuoi fatti, i tuoi gesti, allora per te il calcio è realmente solo una professione, e tutta l’avversione verso il potere era dovuta al fatto che il potere non aveva mai riconosciuto il valore che oggettivamente possiedi, ma se il potere ti attribuisce i meriti lo abbracci senza remora.

Salvatore Emmanuele Palumbo

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