Nemmeno in un brutto sogno il presidente della Repubblica Sergio Mattarella avrebbe immaginato di vivere un’esperienza traumatizzante come quella “regalatagli” dal magistrato Luca Palamara. Certo, sapeva bene che il “correntismo” era uno dei mali del Consiglio Superiore della Magistratura. Immaginava anche certi giochini all’interno delle correnti per “promuovere” magistrati amici a cariche non del tutto meritate. Poteva fare poco però per modificare certi andazzi che pur non sopportava. L’importante per Mattarella era – ed è – l’incondizionata autonomia della magistratura da qualsiasi potere dello Stato. Indipendenza assoluta come vuole la Costituzione. E sul tema dell’autonomia ha sempre battuto nei suoi interventi sulla magistratura, nei vari incarichi ricoperti da ministro, ma in particolare nel periodo che va dal 2011 al 2015 in cui è stato giudice costituzionale.
Lui, Mattarella, così pacato nelle esternazioni stavolta è categorico nell’affrontare all’interno del CSM, di cui è presidente, le “questioni” – meglio intrallazzi – esplose dall’indagine della Procura della Repubblica di Perugia su Luca Palamara, componente del Consiglio Superiore della Magistratura dal 2014 al 2017 ed esponente di spicco dell’Associazione nazionale magistrati. Dice il presidente della Repubblica al plenum del CSM: “Quel che è emerso ha disvelato un quadro sconcertante e inaccettabile”. “I tentativi – continua Mattarella – di screditare altri magistrati, di millantata influenza, di pretesa di orientare inchieste e condizionare gli eventi, di convinzione di poter manovrare il Csm, di indebita partecipazione di esponenti di un diverso potere dello Stato sono l’opposto di ciò che i cittadini si attendono dalla giustizia”.
In una recente indagine demoscopica solo un italiano su tre dichiarava di aver fiducia nella magistratura. Una cifra certo molto bassa che non può che preoccupare. Percentuale però che si giustifica probabilmente tenendo conto dei “tempi” della giustizia nel nostro Paese, dei drammi vissuti da quanti incappano nelle sue maglie per poi vedersi “assolti” parecchi anni dopo l’avvio dell’azione penale. Una “via crucis” interminabile e insopportabile che è già una condanna e che spesso colpisce i cittadini più deboli. Gli altri, i potenti, troppe volte si salvano giocando sulle lacune, sulle lentezze, sui mille problemi della giustizia – ingiusta – italiana.
Per il presidente Mattarella “Quanto è avvenuto ha prodotto conseguenze negative per il prestigio e l’autorevolezza dell’intero ordine giudiziario, la cui credibilità e la cui capacità di riscuotere fiducia sono indispensabili al sistema costituzionale”. Ma per il Capo dello Stato “la magistratura e l’organo di autogoverno ‘hanno gli anticorpi’ necessari a restituire credibilità alla magistratura”. Sergio Mattarella ricorda che è stata proprio un’azione della magistratura a portare allo scoperto le vicende che tanto sconcerto hanno causato nella pubblica opinione.
Secondo Piercamillo Davigo, ex PM di Mani Pulite, leader della corrente Autonomia e indipendenza, “Non c’è attività più nobile di dare giustizia. E’ questo il principio che mi ha fatto scegliere di diventare magistrato. Ma c’è un pericoloso carrierismo. Una caccia alla ‘medaglietta’. Va ripensato l’intero modello organizzativo. Bisogna tornare all’etica del magistrato”.
Di riflessioni la vicenda Palamara se ne porta dietro tante. Una in particolare: ma ci voleva che scoppiasse il caso del giudice corrotto e corruttore per far emergere certe questioni? La caccia alla ‘medaglietta’, il pericoloso carrierismo, le correnti onnipotenti e onnipresenti erano già sotto gli occhi di tutti i magistrati, in particolare dei capi corrente e dei componenti il CSM, non si poteva intervenire senza aspettare il “botto” che tanti danni ha provocato alla credibilità dell’ordine giudiziario?
Dalla vicenda Palamara viene fuori un modo di essere tutto italiota. Equilibri insani che “parano” tutti i soggetti creatori di quegli assetti. E nessuno degli attori in causa prova a recitare la parte del “bastian contrario” per paura dell’emarginazione, dell’esclusione, della perdita di benefici e via proseguendo. Alla fine, proprio per certe preoccupazioni, incertezze, paure – per non parlare d’interessi e via proseguendo – i Palamara di turno diventano il potere assoluto che decide, condiziona, distrugge carriere.
Da “oggi si volta pagina” ha esordito il Capo dello Stato nel presiedere il CSM. Certo, sarà il Parlamento ed il Governo ad elaborare eventuali riforme che attengono a composizione e formazione del Consiglio Superiore della Magistratura ma, più in generale, ai temi della giustizia e dell’ordinamento giudiziario. Da subito però, come auspicato dal presidente Mattarella, dovrà essere il CSM a dotarsi di regole di funzionamento diverse da quelle che lo hanno infangato.
Elia Fiorillo