L’ospedale San Giovanni Bosco “era diventato la sede sociale dell’Alleanza di Secondigliano. Gli uomini del clan Contini controllavano ogni tipo di attività all’interno della struttura. C’era addirittura una base logistica per le truffe assicurative tramite la

 

predisposizione di certificati medici falsi. Sotto il controllo vigile della camorra anche il funzionamento dell’ospedale: dalle assunzioni, agli appalti, alle relazioni sindacali”.

Lo ha detto il procuratore di Napoli, Giovanni Melillo, nel corso di una conferenza stampa sul maxi blitz che ha portato all’arresto di oltre 100 persone legate ai clan dell’Alleanza. In sostanza, ha sottolineato Melillo, “l’ospedale era diventato la base logistica per trame delittuose”. Uno scenario inquietante, a cui – secondo la procura- non erano estranei i camici bianchi. “Il controllo mafioso del funzionamento del San Giovanni Bosco – aggiunge Melillo – si realizzava attraverso la partecipazione anche di sanitari, a volte indotta dalla paura e a volte dalla coincidenza di interessi”. L’egemonia del cartello mafioso, peraltro, era nota anche alle altre organizzazioni. – precisa il procuratore . Ci sono collaboratori che hanno raccontato che gli altri clan, quando avevano bisogno di prestazioni illegali, non facevano altro che rivolgersi agli uomini del clan Contini.

L’infiltrazione camorristica nelle attività del San Giovanni Bosco  era profondissima e radicata, ed arrivava a pilotare anche le liste d’attesa. C’è stato addirittura il caso, denunciato più volte, di un boss che era stato regolarmente assunto all’interno della struttura negli anni passati. L’episodio delle ovazioni su Facebook in occasione della morte di Paolo Di Mauro, noto come “O ‘nfermiere” e “uomo d’onore”, all’epoca venne celebrato con tanto di affissioni di manifesti funerari fuori e dentro l’ospedale.

 

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