Ieri alle 13 in un caldo infernale Pompei avrebbe dovuto vivere un momento importante per quanto riguarda l’assetto politico ed urbanistico della città. In programma c’era il consiglio comunale, convocato in seconda seduta, dopo il flop del giorno precedente. L’assemblea cittadina doveva discutere ed approvare il controverso Progetto EAV che riguarda la trasformazione strutturale dell’area nord della città, quella che per capirsi va dal passaggio a livello di via Nolana e su quella direttrice, a nord e a sud, investe sia la stazione della Circumvesuviana sia le aree limitrofe. Questo ‘progetto’ – di cui ancora non sono chiari tutti i punti dato il suo mutare ad ogni piè sospinto – dovrebbe nelle sue intenzioni migliorare la viabilità della piccola ‘urbe’ ed eliminare i passaggi a livello della linea ferrata con la creazione di una serie di sottopassi per la mobilità degli abitanti e dei veicoli.
Oggi però non è il tempo di perdersi nell’analisi tecnica di un’opera che andrà poi, se avallata, studiata sin nei suoi minimi dettagli. Adesso è il tempo di restare al conflitto che può scaturire dall’adesione o dall’avversione ad un’opera che va ad intaccare in primo luogo la vita quotidiana delle persone, nel tentativo di tratteggiare il profilo socio-politico degli attori in campo.
E la narrazione non può cominciare dai caldi fatti di ieri. La maggioranza che fa capo al sindaco Amitrano, per la seconda volta, non si presenta nei banchi del consiglio comunale monotematico che doveva delucidare il progetto in questione e semmai approvarlo, dato che il termine ultimo per concludere i lavori della Conferenza dei Servizi è posto al 30 giugno.
Una mitragliata, questa latitanza dall’agorà, alla democrazia ed al confronto vìs-a-vìs, ancor più sanguinosa se a questa fuga dal
pubblico consesso si aggiunge che alcuni consiglieri che appoggiano il sindaco in una conferenza stampa – per pochi intimi – svoltasi in un hotel distante pochi metri dal palazzo di città confermavano la bontà del progetto EAV e la necessità di una sua approvazione rapida, non trascurando un richiamo a non farsi strumentalizzare rivolto a pezzi della società civile che critica il ‘piano’.
Ma anche un harakiri, se si tiene a mente che lo stesso sindaco, dichiarando ‘o il progetto o morte’, aut-aut che rievoca non lontani – presuntuosi tanto quanto disastrosi – appelli renziani, ha dato maggiori argomenti ai suoi detrattori che ora ne chiedono le dimissioni.
Una presenza, e numerosa, ieri c’era nell’aula del comune. Cittadini, abitanti, comitati e associazioni hanno affollato la zona a loro dedicata. Hanno
atteso poco ed invano che i loro amministratori si degnassero almeno di mostrarsi. Poi solo disillusione e rabbia. Si sono sentiti traditi dalla politica, sacrificati al tavolo degli interessi, insignificanti per chi pensa di gestire solo il flusso di danaro che tale progetto genererà. Ma la reazione alle finte di corpo istituzionali non è solo emotiva e pare conduca ad una maggiore presa di coscienza: gli abitanti vengono prima di ogni scelta strategica che riguarda il mutamento del tessuto urbano anzi, le azioni di trasformazione dovrebbero non poter prescindere dai desideri e dai bisogni delle persone. Ed infatti anche soggetti, prima defilati nella campagna ‘No Sottopassi’, prendono parola.
E’ il caso della Pro Loco città di Pompei che, attraverso le parole del suo presidente, afferma: “Siamo stanchi di questo gioco delle parti che sta distruggendo i valori fondamentali della democrazia. Ora pretendiamo di voler conoscere una volta e per tutte cosa prevede questo ‘progetto’ come pretendiamo di partecipare, quale soggetto istituzionale, al tavolo della conferenza dei servizi. Una città dal richiamo internazionale come la nostra non può essere ostaggio di interessi di bottega. C’è bisogno di qualità nelle scelte ampliando la partecipazione al processo decisionale. E questa classe dirigente sta fallendo su entrambi i versanti. Noi non siamo aprioristicamente contrari all’idea che una trasformazione migliorativa di parti della città sia necessaria dal punto di vista infrastrutturale, ma da questo all’accettazione supina di pacchetti preconfezionati calati dall’alto che non lasciano spazio alla critica e alla discussione pubblica ce ne passa e questo non ci piace affatto”.
Nella città di Pompei, grande attrattore culturale e spirituale e per questo megamacchina generatrice di enormi profitti, pare si stiano creando tutte le condizioni affinchè un conflitto sulle scelte vitali emerga. Conflitto, si badi bene,
non solo legato al progetto EAV. L’area, che si estende dai siti archeologici fino al vulcano a monte e sino al mare a valle con il Sarno per lo mezzo, è da tempo sotto i riflettori per le potenzialità economiche che possiede (al di là delle pessime condizioni ambientali che pure lo caratterizzano). L’hanno denominata ‘buffer zone’, zona cuscinetto, sicuramente non solo per motivi topografici. Tante ipotesi di ‘rigenerazione urbana’, a cominciare dal Grande Progetto Pompei, sono in attesa di trovare tempi e modalità ad hoc per modificare radicalmente il paesaggio vesuviano in ottica postmoderna.
E’ in questo contesto più allargato che si verificheranno anche le condizioni di salute delle comunità: saranno in grado di non scomparire sotto la coltre degli speculatori economici rivendicando autonomia e partecipazione? Il caso del progetto EAV è solo il primo banco di prova, il primo steap, ed i segnali che arrivano non sono del tutto deprimenti per chi pensa ancora che la questione dello spazio e della sua produzione sia materia collettiva e di diritti.
E.I.