Nel Pd la linea del segretario Nicola Zingaretti resta quella del voto mentre la proposta di Matteo Renzi per un governo di transizione con il M5s viene liquidata, anche tra i fedelissimi, come “poco più che fantascienza”. Ma dal segretario in giù, tutti si appellano alla guida di Sergio Mattarella.
Ciò vuol dire non chiudere la strada ad una soluzione alternativa alla corsa al voto in autunno. Su questo gli organismi dirigenti del Pd potrebbero essere chiamati presto a decidere e partono già le conte e i riposizionamenti di corrente.
Se si guarda allo schema più ampio di un tentativo di costruire su un programma definito una maggioranza che freni la corsa delle destre estremiste e faccia alcune cose che servono al Paese, a partire da una legge di bilancio salva-conti, i consensi sembrano però più larghi nel partito.
C’è infatti l’apertura di Dario Franceschini, di Graziano Delrio, il sì di Matteo Orfini (purché si concordi un programma che includa anche temi come la cancellazione dei decreti sicurezza di Salvini) ma anche di zingarettiani come Roberto Morassut, che dice no alla soluzione “asfittica e mortale” per il Pd di un “governo istituzionale”, ma apre a un “governo istituzionale vero di risanamento e riforme non a tempo”.