E sì, è entrata tra i più comuni modi di dire quando si parla, si commenta e magari si pratica il ciclismo: “Ma chi sei Gimondi?”
Da sempre appassionato di ciclismo, per eredità paterna, e ciclista, della domenica, per passione, a diversi giorni dalla scomparsa di quel Gimondi a cui tutti, per me da sempre, ci siamo appellati per sentirci ciclisti, mi ritrovo qui a scrivere. Ci siamo senti tutti Gimondi spingendo sui pedali e tutti abbiamo canzonato i compagni di pedalate con quel “ma chi sei Gimondi?”.
Non lo ricordo direttamente sui pedali, erano più i commenti che ascoltavo da un grande appassionato: mio padre, che non ho mai visto in bici, ma che ancora oggi mi chiama al telefono per avvisarmi quanto una corsa trasmessa in televisione è all’epilogo.
Quando Gimondi, detto “Nuvola Rossa”, concludeva la sua splendida carriera dopo aver vinto Tour, Vuelta e più volte Giro, io cominciavo a capirci qualcosa. In quegli anni mi apprestavo ad ereditare, sempre dallo stesso appassionato, i lunghi pomeriggi davanti al televisore tra tappe, classiche e prove a cronometro, a tifare, sperare e ad appassionarmi alla nobile fatica del pedale.
I miei primi campioni sono stati Moser, che per qualche anno ha sfidato Gimondi, e Saronni. Un dualismo tutto nostrano che animava le strade del Giro sul finire dei Settanta e per tutti degli anni Ottanta. Tanti grandi campioni che ci hanno regalato altre vittorie ed altre emozioni, ma sempre con quel “ma chi sei Gimondi?” che continuava a riecheggiare nelle parole, nei sorrisi e negli sfottò di tutti gli italopedalatori.
Poi c’è il 16 agosto del 2019, qualche giorno fa.
Ero a casa di mio padre, il miglior posto dove ricevere tale notizia, e nel battere la mano sul tavolo di cucina esclamando “mannaggia”, mentre dal video la giornalista di turno annunciava la morte di Felice Gimondi, c’era tutto il profondo dispiacere per quella perdita inattesa.
Un desiderio forte: dovevo assolutamente salutare, da appassionato e da ciclista, sia pure della domenica, prima che da giornalista, questo grande uomo di sport che ha segnato il suo tempo con vittorie epiche e indimenticabili. Il primo campione che gli italiani hanno conosciuto mediaticamente, con l’avvento sempre più prepotente della televisione. Quell’uomo schivo e a volte scorbutico che in quegli anni, dal 1965 al 1979, anni in cui fu in attività, ebbe la forza di oscurare le gesta dei grandissimi che lo avevano preceduto.
Grazie Felice, grazie per quello che hai fatto e, cosa riservata solo i grandissimi come te, Nuvola Rossa, grazie per quello che ancora farai.
Gennaro Cirillo