Da più di 16 giorni la Foresta Amazzonica, il polmone del nostro pianeta, brucia come non ha mai bruciato prima. Un disastro senza precedenti: sono già 20 mila gli ettari di foresta ridotti in cenere. Decine di roghi, l’83% più dello scorso anno, stanno devastando la foresta pluviale nell’indifferenza dei governi. Anzi, non nell’indifferenza, ma a quanto pare nella complicità.
Nel silenzio dei media, molti cittadini brasiliani non sapevano neanche cosa stesse succedendo. Poi, qualche giorno fa, il cielo di San Paolo si è fatto di colpo scuro. In pieno giorno,
un’enorme nube nera ha coperto il sole, facendo calare le tenebre sulla città brasiliana. Era il fumo degli incendi che il vento aveva portato sul centro abitato. Da lì è partita una mobilitazione social con l’hashtag #SOSAmazonia.
Bruciare la foresta accelera le operazioni di disboscamento e sfruttamento del suolo. “Proprio quello che vuole Bolsonaro, e non solo”, accusano le organizzazioni mondiali ambientaliste. Negli ultimi mesi infatti si sono persi quasi 4000 kmq di foresta amazzonica.
E’ indubbio che le politiche scellerate di svendita e disboscamento portate avanti dal governo Bolsonaro stanno distruggendo il polmone verde del pianeta. Fermare questa follia dovrebbe rappresentare una necessità. Ne va della sopravvivenza di decine di popolazioni e specie, nell’immediato, della vita di tutte/i, del futuro del pianeta.