Tre bombolette di gas da campeggio posizionate nei pressi del portone del palazzo vescovile in Piazza Libertà ad Avellino sono esplose ed hanno causato il ferimento di tre persone: un passante, un vigile urbano ed il direttore della Caritas diocesana. Scampato alla deflagrazione il vescovo, monsignor Arturo Aiello, che era in sede e forse rappresentava il vero obiettivo dell’attentatore.
L’autore del gesto è stato bloccato quasi subito da un agente della polizia municipale: si tratta di un disoccupato 43enne originario delle provincia di Salerno e residente in Irpinia. Da fonti investigative l’atto viene qualificato come ‘gesto di uno squilibrato’. Una volta preso ed interrogato l’uomo è apparso in ‘forte stato confusionale’, dicono sempre fonti di polizia.
E’, questo, invece soltanto uno dei tanti effetti epidermici che innesca e produce la situazione di estrema povertà e di radicale disagio sociale cui è costretta a vivere gran parte della popolazione del Sud.
Emblematico il fatto che a finire nel mirino di una persona ‘disperata’ questa volta sia la Curia: punto di riferimento spirituale ma anche attore delegato a sopperire all’erogazione di ‘walfare’ in assenza di concrete politiche statali in merito e che evidentemente rappresenta l’ultimo ancoraggio per chi soffre una deriva economica, e di conseguenza psicologica, in questo sistema a trazione capitalistica.
Venuto meno l’ultimo appiglio tra i disperati si fa largo l’istinto insurrezionale e tale vicenda, anche se ricondotta dai poteri allo sminuente paradigma delle scelte individuali e/o psicotiche, sta qui a testimoniarlo.
E.I.