Il presidente della Regione Vincenzo De Luca, ieri al Forum Ambrosetti a Cernobbio, ha scaldato la platea criticando aspramente la misura del Reddito di Cittadinanza adottata dal M5s e da Luigi Di Maio, ex ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico.

“Il più grande atto di masochismo del Sud credo sia stato prodotto da un ministro del Sud che al Sud ha offerto il famoso reddito di cittadinanza che ha prodotto in questo momento la quasi scomparsa del lavoro stagionale al Sud”, ha detto il governatore.

“Devo dire, per non mancare di rispetto agli amici del Nord e della Lega – ha aggiunto De Luca – che anche il Capitano (alias Salvini) non è stato da meno nel senso che una delle misure simbolo del governo appena estintosi, quota cento, ha contenuti di demenzialità per lo meno pari al reddito di cittadinanza”.

L’attacco di De Luca al provvedimento messo in campo dal M5s stride in prima istanza con le dichiarazioni del premier Conte che oggi, per il voto di fiducia alla Camera, ha dichiarato che “il reddito di cittadinanza rimarrà assolutamente in piedi, anzi lo dobbiamo implementare e monitorare. Il reddito di cittadinanza non deve avere finalità assistenziale ma deve servire a recuperare al circuito lavorativo persone esiliate ed emarginate”.

In seconda istanza richiama fedelmente le esternazioni del sindaco di Gabicce, Domenico Pascuzzi, che solo qualche mese fa affermava: “Molti giovani del sud che l’anno scorso avevano lavorato nei nostri alberghi quest’anno hanno risposto di non tornare a Gabicce perché stavano percependo il reddito di cittadinanza. E se accettassero di tornare perderebbero l’assegno da oltre 700 euro che a loro basta per vivere”.

Insomma De Luca attacca, da destra, la misura del Reddito di Cittadinanza. Infatti da sinistra l’unica critica forte che andrebbe rivolta al Rdc introdotto dal governo giallo/verde è che rappresenta ancora una politica agganciata a filo doppio al sistema di workfare, non essendo nè un provvedimento universalistico nè incondizionato.

Per di più l’affondo del governatore insegue una pseudo polemica sull’assenza dei lavoratori stagionali, facendo il verso alla peggiore retorica, quella che vuole ‘i lavativi e le lavative’ del turismo choosy di lontana memoria che preferirebbero il divano ad un lavoro vero e proprio.

Ma di quale lavoro parliamo quando parliamo di lavoro stagionale nel turismo e non solo?

Parliamo di un lavoro dove la metà delle ore lavorate non sono retribuite, ovvero si lavora gratis per metà delle ore; dove per 4/5 mesi si lavora senza giorno libero, con retribuzioni da terzo mondo che si aggirano sui 2, 3, 4 euro all’ora; con un monte orario giornaliero che va dalle 10 alle 13 ore di lavoro consecutive e con brevissime pause; dove il contratto che si firma, così come il rispetto del CCNL del settore, il più delle volte è carta straccia.

Il settore del lavoro stagionale turistico, ad esempio, ha una enorme composizione femminile (il 60% della manodopera è rappresentato da donne) ed è sfruttato/razzializzato (sono pochissimi nei territori ad alta densità turistica i lavoratori e le lavoratrici stagionali autoctoni, che ricoprono generalmente i lavori con più alta qualifica).

E’ incomprensibile che chi ha tifato politicamente per misure come il Jobs act, il Piano casa, il Pacchetto Minniti (vero e proprio manuale delle nuove leggi razziali in Italia), che ha militato e milita nella fazione politica che ha imposto politiche a favore delle imprese, delle centrali cooperative e a svantaggio dei lavoratori e delle lavoratrici e del diritto di sciopero, oggi gridi allo scandalo definendo la misura del reddito di cittadinanza diseducativa ed un deterrente per l’offerta di manodopera in un settore lavorativo specifico. Questa tipologia di lavori, purtroppo, sono svolti sempre più da persone rese invisibili dalle stesse leggi che questi hanno introdotto, persone senza diritti che mandano avanti i servizi turistici e il settore.

I contratti a tempo determinato o a chiamata sono sostituiti da centinaia di tirocini svolti perlopiù da giovani richiedenti asilo accolti nei Cas o nello Sprar del territorio: tirocini per assistente bagnino, tirocini per lavapiatti e via elencando. Veri e propri rapporti di lavoro subordinati sostituiti da tirocini a 450 euro al mese (spesso con Garanzia Giovani, quindi zero costi per l’azienda, ci pensa lo Stato a “pagare” gli/le sfruttati/e) con le medesime condizioni di organizzazione del lavoro sopra descritte e nessuno della filiera di comando che controlla, a cominciare dal tutor dell’ente di formazione. C’è poi tanto lavoro nero: perché questi tirocini raramente si trasformano in contratti veri e propri, è molto più facile che i tirocinanti diventino poi lavoratori in nero.

Che De Luca se ne faccia una ragione, che apra gli occhi – una volta avremmo detto prenda coscienza -: il lavoro stagionale, il lavoro nel turismo, è un lavoro gravemente sfruttato, sessista e razzista, che rasenta la schiavitù, dove regna un’illegalità diffusa, dove il potere conquistato da una buona parte degli imprenditori, in anni di silenzio complice della politica ma anche delle organizzazioni sindacali, ha portato ad una vera e propria lotta di classe al contrario.

E.I.

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