Per questo è parso necessario parlarne, e parlarne in una scuola, ai nostri figli e nipoti. E a farlo sarà Mario De Bonis, autista per caso, divenuto amico personale del grande artista. Figura singolarmente versatile, quella di Mario De Bonis, fratello di Donato, nominato vescovo da Giovanni Paolo II e confessore di Eduardo, esponente del mondo finanziario, ai vertici del sistema bancario nazionale, ma, anche sindaco effettivo dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani, sotto la presidenza del premio Nobel Rita Levi Montalcini, nonché presidente dell’Associazione “Dal Vesuvio al Gran Sasso”.
Poeta e scrittore, vincitore nel 2016 del premio “Paolo Borsellino”, per la cultura (conferito negli anni precedenti a personaggi quali Dario Fo, Fabrizio De André, Umberto Eco, Oriana Fallaci, Andrea Camilleri, Alda Merini e Mario Luzi, solo per citarne qualcuno), e autore del libro “Eduardo visto da vicino”, che costituirà la parola “narrata e narrante” della mattinata. Il volume, l’opera più completa su Eduardo poeta, è una testimonianza intensa e viva anche dell’uomo Eduardo, oltre che delle sue liriche, ricondotte, attraverso un’esegesi nel contempo rigorosa e “affettuosa”, ad una serie di sezioni che toccano i temi essenziali della vita umana: la famiglia, la fede, l’amore, ma anche l’affetto per gli animali domestici, la cucina povera napoletana… Di notevole interesse l’apparato iconografico, con bellissime e inedite foto, articoli di giornali e, soprattutto, copie di biglietti autografi del commediografo, alcuni personali, d’occasione, di auguri e che pure nella loro sintesi sono delle autentiche sillogi della profondità e acutezza eduardiane, ispirate a quel senso “tragico” dell’esistenza, ma sempre governata da una vena d’ironia, che lo amplifica e non lo annulla. Perché tale è stato il contrassegno di tutta l’opera del maestro, il miracolo della sua arte, dove la stesura, apparentemente piatta della vita, tutta a colori primari, si ravviva e rifulge nei suoi vividi contrasti di tragedia/riso, commedia/angoscia. Tra queste testimonianze, il primo intervento del senatore Eduardo De Filippo, o, meglio, solo Eduardo, come rivendicò a palazzo Madama, dichiarando che “c’aveva messo tutta una vita per essere chiamato solo col nome” e non intendeva rinunciarci da senatore.
Primo intervento interamente dedicato ai ragazzi del Filangieri, l’istituto per la rieducazione dei minori di Napoli, a conferma di un’attenzione – confermata dai suoi contatti e dalle sue visite nel carcere di Nisida – per il mondo giovanile, in particolare quello più difficile e a rischio. E fra le rarità del libro di Mario De Bonis, non si può non ricordare la bellissima ed intensa poesia “Pier Paolo”, del 1975, un’autentica preghiera in morte dell’amico, sentito come fraterno nella comune fede in “un’anima autenticamente popolare ed essenzialmente cristiana”. Anima identificata da entrambi, nella città di Napoli, individuata da Pasolini quale “una sacca storica che ha deciso di restare quella che era e, così, di lasciarsi morire”; la stessa, luogo di nascita, ma non di morte, per Eduardo e “odiata” di un amore viscerale; città forse irredimibile, ma proprio per questo eternamente indecifrabile, esattamente come la condizione umana.
Un Eduardo che forse molti di noi hanno dimenticato troppo in fretta. Un uomo e un artista straordinari che, probabilmente, molti dei nostri alunni non hanno mai conosciuto; di cui non abbiamo parlato con loro abbastanza. Se così è stato è stata una mancanza imperdonabile. Lunedì è l’occasione per rimediare. Forse solo in parte, ma con indifferibile urgenza. E siamo sicuri che “il pubblico reagirà veramente”, a citare sempre lui. Eduardo.