Questa settimana avrei voluto parlare di pecore elettriche esclusivamente in relazione allo stupendo e visionario romanzo di fantascienza di Philip K. Dick il cui titolo per esteso «Ma gli androidi sognano pecore elettriche?» si è trasformato in leggenda grazie anche alla saga cinematografica Blade Runner diretta da Ridley Scott.
Invece quella che vi racconto è la favola di una pecora morta carbonizzata. A Centocelle, uno dei luoghi più arcaici di Roma, dove Pier Paolo Pasolini ha lasciato il cuore e l’anima con il suo romanzo «Ragazzi di vita».
Quella che è stata data alle fiamme, che dai primi accertamenti sembrerebbero dolose, è una libreria antifascista. Il suo nome è «Pecora elettrica», omaggio al romanzo dell’immenso Dick a cui ho accennato all’inizio.
Nei locali anneriti dal fumo sono state trovate tracce di liquido infiammabile mentre la saracinesca presentava segni di forzatura. L’eccidio del gregge della cultura, queste piccole cellule che promuovono libri e storie, è proseguito con l’incendio di un’altra libreria che aveva espresso nei giorni scorsi solidarietà alla «Pecora elettrica».
Chi vuole preservare ancora un briciolo di memoria non può non vedere in questi gesti – vili e violenti – lo stesso clima che a Roma, a Centocelle, e in qualsiasi altra parte d’Italia si respirava negli anni di piombo. Un clima di guerra, di caccia all’uomo, di eliminazione fisica dell’avversario, di la lotta senza quartiere a chi era portavoce di un’idea semplicemente diversa.
Esistono pecore e pecore. Quelle docili, che presidiano un territorio, che promuovono la diversità culturale e letteraria, quelle che pensano che l’uomo non sia solo un coagulato di istinti animali e bestiali ma qualcosa di più. Un essere creato per ricevere e donare bellezza, anche attraverso la cultura Ci sono poi le pecore nere, zoppe, monche, che si muovono senza logica, invidiose, tetre. Quelle pecore che usano violenza, distruggono e mortificano tutto ciò che è intorno a loro.
Questa contrapposizione, questo fiume carsico di insofferenza e odio che serpeggia nel paese e che assume di volta in volta connotati diversi, sta riannodando i fili di una storia che non se n’è mai andata via.
La storia di conflitti politici, culturali e sociali che ci portiamo dietro dalle stagioni del Piombo, appunto. Il piombo, la militanza armata, l’antifascismo, il fascismo, i neri, i rossi, gli assalti, le devastazioni. Fenomeni inquietanti dai quali rischia di generarsi una rinnovata – e sistematica – pianificazione dell’odio che in questo paese, non più tardi di una generazione fa, ha mietuto vittime e sangue in ogni strada.