Questa settimana avrei voluto parlare di pecore elettriche esclusivamente in relazione allo stupendo e visionario romanzo di fantascienza di Philip K. Dick il cui titolo per esteso «Ma gli androidi sognano pecore elettriche?» si è trasformato in leggenda grazie anche alla saga cinematografica Blade Runner diretta da Ridley Scott.
Invece quella che vi racconto è la favola di una pecora morta carbonizzata. A Centocelle, uno dei luoghi più arcaici di Roma, dove Pier Paolo Pasolini ha lasciato il cuore e l’anima con il suo romanzo «Ragazzi di vita».
Quella che è stata data alle fiamme, che dai primi accertamenti sembrerebbero dolose, è una libreria antifascista. Il suo nome è «Pecora elettrica», omaggio al romanzo dell’immenso Dick a cui ho accennato all’inizio.
![](https://www.ilgazzettinovesuviano.com/wp-content/uploads/2019/11/pecora-elettrica-1024x601.jpg)
Nei locali anneriti dal fumo sono state trovate tracce di liquido infiammabile mentre la saracinesca presentava segni di forzatura. L’eccidio del gregge della cultura, queste piccole cellule che promuovono libri e storie, è proseguito con l’incendio di un’altra libreria che aveva espresso nei giorni scorsi solidarietà alla «Pecora elettrica».
![](https://www.ilgazzettinovesuviano.com/wp-content/uploads/2019/11/foto-3-.jpg)
Chi vuole preservare ancora un briciolo di memoria non può non vedere in questi gesti – vili e violenti – lo stesso clima che a Roma, a Centocelle, e in qualsiasi altra parte d’Italia si respirava negli anni di piombo. Un clima di guerra, di caccia all’uomo, di eliminazione fisica dell’avversario, di la lotta senza quartiere a chi era portavoce di un’idea semplicemente diversa.
Esistono pecore e pecore. Quelle docili, che presidiano un territorio, che promuovono la diversità culturale e letteraria, quelle che pensano che l’uomo non sia solo un coagulato di istinti animali e bestiali ma qualcosa di più. Un essere creato per ricevere e donare bellezza, anche attraverso la cultura Ci sono poi le pecore nere, zoppe, monche, che si muovono senza logica, invidiose, tetre. Quelle pecore che usano violenza, distruggono e mortificano tutto ciò che è intorno a loro.
Questa contrapposizione, questo fiume carsico di insofferenza e odio che serpeggia nel paese e che assume di volta in volta connotati diversi, sta riannodando i fili di una storia che non se n’è mai andata via.
La storia di conflitti politici, culturali e sociali che ci portiamo dietro dalle stagioni del Piombo, appunto. Il piombo, la militanza armata, l’antifascismo, il fascismo, i neri, i rossi, gli assalti, le devastazioni. Fenomeni inquietanti dai quali rischia di generarsi una rinnovata – e sistematica – pianificazione dell’odio che in questo paese, non più tardi di una generazione fa, ha mietuto vittime e sangue in ogni strada.