C’è un uomo che passeggia per strada. O, se preferite, un uomo in macchina. È sera e sta per tornare a casa o, sempre se preferite, sta andando a lavorare. A un certo punto, un cavaliere nero, anzi, una figura nera (forse più di una) gli piomba alle spalle e inizia a sparare. Colpi che arrivano da ogni parte, sibilano sulla strada come strilli impazziti. I proiettili sfondano il lunotto dell’auto e per un pelo non colpiscono l’uomo che cerca di ripararsi come può.
L’uomo si chiama Mario De Michele ed è un giornalista. Dirige una testata online, Campania Notizie. E lo fa da un territorio di frontiera. Gricignano D’Aversa in provincia di Caserta. Racconta fatti, la criminalità organizzata, gli intrecci, le prossimità.
La gravità di ciò che è accaduto a Gricignano non sta solo nel fatto in sé, in un’esecuzione armata che rischiava di rivelarsi mortale. La cosa grave è il clima che si respira in questo paese. Un clima appesantito da agguati, aggressioni e bocche cucite. Non è un caso che in tutte le classifiche del mondo l’Italia si accomoda sempre agli ultimi posti per quel che riguarda la libertà di informazione.
Un’informazione libera, lungi evitare gli spot, è democrazia nella misura in cui consente e ci consente di avere un punto distinto e diverso sulla realtà. Un antidoto al pensiero unico, dominante.
Ora, per cortesia, evitiamo i proclami. Tipo: Siamo tutti Mario De Michele o gli hashtag insopportabili che non servono a nulla. La cosa più utile penso l’abbia detto proprio De Michele in seguito all’agguato. «Continuerò a fare il cronista», ha dichiarato. Continuare a fare il proprio lavoro, farlo bene, senza né alibi o vittimismi.
Tuttavia questa vicenda, che solo un caso ha voluto che non sfociasse in tragedia, qualche riflessione la impone. I giornalisti sono al limite. Una professione svilita, smembrata, senza tutele, sempre più lanciata nella mischia con prezzi altissimi da pagare.
Io non so cosa bisogna fare per smuovere le cose e tentare di cambiarle. In fondo, racconto solo storie. Una cosa la so, però. Da favolista e giornalista allo stesso tempo. Chi racconta storie – chi riporta fatti e permette alla gente di scegliere da che parte stare – merita un rispetto e una cura che in questo paese non esiste. E sapete, in ultimo, qual è il rischio, peraltro già concreto, che tutto ciò comporta?
Che, giovani e meno giovani, mollino. Che se ne infischino di articoli e inchieste lasciandoci in balia del pensiero unico, della logica alienante e dominante del conformismo. Inutile dirvi a cosa può portare tutto questo…