Giovanni Croce è un venticinquenne napoletano. Ruba motorini al servizio di un carrozziere, abita in un piccolo appartamento di periferia col nonno esaurito e la mamma depressa,
e nel tempo libero gioca a calcio nella squadra del suo quartiere: il Rione Incis Club, formazione di dilettanti iscritta al girone C della terza categoria.
Venti sono le partite del campionato, e venti sono i capitoli del libro, attraverso cui Giovanni si confronta con le proprie contraddizioni di giovane uomo orgoglioso e abbrutito, senza
prospettive e senza entusiasmi, stanco del calcio, del lavoro, della famiglia con cui è costretto a convivere, del rione dove abita e della fidanzata cui vuole bene ma non abbastanza.
Da troppo tempo ormai, Giovanni, detto Vangò (come il pittore olandese, per via dei suoi
capelli rossi e perché ha frequentato il liceo artistico), non sopporta più i suoi compagni di
squadra, odia il suo allenatore e si sente condannato a un’esistenza da schiavo.
Qualcosa sembra cambiare il giorno in cui incontra una bella giornalista sportiva, la sua
nuova, impossibile ossessione. Stimolato da un sentimento inedito, il ragazzo comincia a
rendersi conto di dover evolvere. Ma come?
Sullo sfondo, prosegue il campionato del Rione Incis Club, ma senza epica e senza soddisfazioni, senza alcun elogio della sportività e del gioco: il torneo della Incis è caratterizzato da risse, scorrettezze, acide rivalità, figuracce e futili rivalse. Non ci sono campioni né sportivi; ogni personaggio rivela senza vergogna la propria deficienza morale. Ciononostante, i calciatori continuano a lottare, scoprendosi giornata dopo giornata sempre più complici.
Lontani dai riflettori, su campi polverosi e invasi dall’erbaccia, Giovanni e compagni combattono per resistere alla forza centrifuga del non senso, per sopravvivere a loro stessi.