Giovedì 28 novembre alle ore 18 -presso la Basilica Reale e Pontificia di San Francesco di Paola, sita in piazza del Plebiscito- si terrà la solenne Celebrazione Eucaristica in suffragio ed in memoria della principessa Elena del Montenegro. La cerimonia ricorderà il 67° anniversario del richiamo a Dio della cosiddetta “Regina della Carità”.
E molto hanno in comune la principessa di Napoli e “ultima” Regina d’Italia Elena del Montenegro con la Beata Maria Cristina di Savoia. Ambedue le savoiarde erano donne che davano anima e corpo per il prossimo, spesso rimettendoci personalmente e rischiando la loro posizione di prestigio.
Elena del Montenegro era molto schiva e riservata, seppure colta e poliglotta, proveniente dal territorio albanese fu scelta come consorte per Re Vittorio Emanuele III onde evitare un fenomeno molto diffuso da tempo immemore nelle famiglie nobili, l’emofilia, dovuta spesso a matrimoni tra cugini per tener salda la discendenza.
Di credo Ortodosso si convertì al Cattolicesimo per convolare a nozze col sovrano d’Italia. Mai si occupò di vicende politiche ma seppe con la grazia e l’ingegno proprio del gentil sesso risolvere molte problematiche.
Salita al trono assieme al marito Vittorio Emanuele III l’11 agosto 1900, a causa dell’assassinio del Suocero per mano del rivoltoso Gaetano Bresci, si trasferì quindi in Quirinale, all’epoca sede dei Reali.
Allo scoppio della I guerra mondiale da subito si prodigò per gli ammalati e le vittime, cercando sostegno economico con la vendita della sua “Foto Autografata”, operò direttamente come infermiera e propose ed ottenne che il Quirinale fosse usato come ricovero per gli infermi. Ancora, per pagare i debiti di guerra propose la vendita dei beni della Corona.
Donna versatile, amante dell’arte, delle lingue e dei francobolli, tanto che ideò una nuova serie di francobolli utilizzando come bozzettista il pittore Francesco Paolo Michetti, a cui diede precise indicazioni grafiche. Dai bozzetti fu poi ricavato il francobollo noto come “Michetti a destra” in quanto illustrava l’effigie di Vittorio Emanuele III rivolta a destra.
Ma la sua vera e più grande passione era la scienza medica, il 28 dicembre 1908 Reggio Calabria e Messina furono colpite da un disastroso terremoto e maremoto e subito la Regina si dedicò ai soccorsi, anche in prima linea.
Oltre a curare come infermiera, si interessava allo studio delle malattie, nonché fu una antesignana dei “corsi di Aggiornamento Professionale”, affermando e promuovendo già all’epoca iniziative per la formazione e l’aggiornamento professionale dei medici e degli operatori sanitari, per la ricerca contro la poliomielite, per la malattia di Parkinson e soprattutto contro il cancro.
C’è un legame interessante tra Elena de Montenegro e la “Beata Maria Cristina di Savoia”, ed è proprio inerente la medicina e specificatamente l’interesse riposto per la “Regina della Carità” nei confronti del cancro e per il miracolo che ha portato alla beatificazione di Maria Cristina, la guarigione per sua intercezione e non scientificamente spiegabile, di un tumore alla mammella. Inoltre la stessa Elena morì per un difficoltoso cancro.
Fu insignita della laurea honoris causa in Medicina e Chirurgia, ottenne dalle mani del Sommo Pontefice Pio XI il conferimento della “Rosa D’Oro della Cristianità”, importantissimo riconoscimento di cui risulta l’unica donna insignita., per gli ex combattenti.
Dopo l’armistizio il 9 settembre del 1943 seguì il marito nella cosiddetta “fuga” a Brindisi, dove il sovrano e consorte si rifugiò lasciando Roma subito dopo che fu reso noto al pubblico l’armistizio con gli Alleati che egli aveva segretamente firmato il 3 settembre per porre fine alla guerra.
Il 23 settembre ebbe un dolore immenso, la figlia Mafalda venne arrestata dai nazisti e portata nel lager di Buchenwald, dove morì nel 1944.
Dopo la fine della guerra, che per l’Italia viene fissata convenzionalmente nel 25 aprile 1945, Elena seguì l’esule marito 9 maggio del 1946, addormentandosi per sempre tra le divine braccia nel 1947. subito dopo che Vittorio Emanuele III ebbe abdicato a favore del figlio Umberto assumendo il titolo di Conte di Pollenzo.
La coppia reale si ritirò a Villa Jela, in Alessandria d’Egitto, ospite di re Farouk I d’Egitto, che ricambiò così l’ospitalità data a suo tempo dal regno italiano a suo nonno, Isma’il Pascià. Durante l’esilio i due coniugi festeggiarono il cinquantesimo anniversario di matrimonio. Elena rimase col marito in Egitto fino alla morte di quest’ultimo, avvenuta il 28 dicembre 1947.
Nel 1950 scoprì di essere malata di cancro e si trasferì in Francia per le cure, a Montpellier, nel novembre 1952 si sottopose a un difficile intervento chirurgico cui non resistette volando tra le divine braccia il 28 novembre. Fu sepolta, come suo desiderio, in una comune tomba del cimitero Saint-Lazare a Montpellier. L’intera città si fermò per assistere e partecipare al suo funerale. La Municipalità di Montpellier ha intitolato il viale che porta al cimitero alla regina Elena e le ha innalzato un monumento.
Nel dicembre 2017, la il suo corpo mortale è stata rimpatriato da Montpellier al Santuario di Vicoforte, nella cappella di San Bernardo, dove il 17 dicembre successivo sono stati tumulati anche i resti del consorte ancora sepolti ove si era spento.
Alla celebrazioni parteciperanno il Delegato della “Associazione Internazionale Regina Elena Onlus” dottor Rodolfo Armenio, le maggiori autorità Civili e Militari nonché la rappresentanza ANPS (Associazione Nazionale Polizia di Stato) presieduta dal commissario r.d.s. Luigi Gallo.
Proprio da una disquisizione agiografica e da alcune riflessioni storiche circa nostalgici del Regno delle Due Sicilie e similia, tenuta col delegato ed il presidente Anps, abbiamo avuto modo di trovare il primo contatto che ebbero i Savoia con Napoli. Trattasi di Margherita di Savoia, figlia di Amedeo VIII di Savoia che nel 1432 Luigi III aveva sposato Margherita di Savoia (1416-1479), figlia di Amedeo VIII di Savoia, ma la coppia non ebbe figli.
Luigi III era stato, dopo lunga contesa, designato dalla Regina Giovanna come suo erede, Giovanna che era figlia di Margherita di Durazzo, alta donna in odore di santità ed amante di Salerno, ove si ritirò e, ironia della sorte, nel 1412 si recò nella vicina Acquamela, frazione che diede i natali al commissario r.d.s. Gallo. Attualmente le sue spoglie sono sepolte nella Cattedrale di San Matteo in Salerno ove vi è un monumento funebre realizzato da Babboccio di Piperno.
Margherita di Durazzo, esprime un altro lato della femminilità sempre volto al servizio, quello agguerrito, da giurista e politica, sempre volto ad un ideale di bene, ella fu infatti coreggente del figlio Ladislao I, che sognava l’unità d’Italia con capitale Napoli già all’epoca, e chissà che questa idea di unità e di fraternità non sia proprio sorta dagli insegnamenti, forse troppo lungimiranti, della madre.
L’altra figlia, succeduta alla morte del fratello, Giovanna, fu altrettanto stratega ed abile politica ma meno sognatrice.
Insomma tre donne con la D maiuscola, che incarnano tutti gli spiriti della femminilità e verrebbe da dire, a conclusione, citando Edith Stein -e senza altro aggiungere- “La donna è colei che abbraccia l’anima”.
Giovanni Di Rubba