A Sanremo il prezzo da pagare per essere al passo coi tempi è portare all’Ariston i divi dei social. Lo sa bene Amadeus che per Sanremo 2020 ha puntato tutto sul trap, rap, indie e chi più ne ha più ne metta.
Questa settimana sono stati resi noti i nomi dei 22 big che parteciperanno alla 70esima edizione del Festival di Sanremo. C’è tanta gioventù dei social, molta voglia di cambiare e continuare a camminare verso il contemporaneo, su quella strada innovativa inaugurata con la vittoria inaspettata di Mahmood ma a tratti già preannunciata dalla vittoria di Gabbani nel 2017. In un angolo, tra quei nomi così “instagrammabili”, spuntano pochi evergreen della musica italiana “old school”: Marco Masini, Michele Zarrillo, Irene Grandi, Paolo Jannacci, Morgan e Piero Pelù. Il resto, tutta musica emergente (anche pop) e qualche nome da rispolverare: Alberto Urso, Elettra Lamborghini, Achille Lauro, Anastasio, Diodato, Elodie, Enrico Nigiotti, Francesco Gabbani, Giordana Angi, Irene Grandi, Le Vibrazioni, Levante, Junior Cally, Pinguini Tattici Nucleari, Rancore, Raphael Gualazzi e Riki.
Se è vero che la musica italiana si sta muovendo tra talenti sempre più ecclettici che puntano tutto all’interno dei loro pezzi indie e “multigenere” su fascinazioni rinnovate in stile decadentista ed ermetico, è anche vero che Sanremo sta perdendo la sua vera essenza: un giusto giro armonico, un ritornello orecchiabile e l’ovazione in sala. Il 2020, che Amadeus aveva annunciato come l’anno del Festival corale, si profila, come momento di pura ed assoluta sperimentazione. Quella fragile presenza tradizionalista manca, ad esempio, di una grande voce femminile. A parte Irene Grandi, che sta cercando di rinnovarsi e ricominciare a brillare nel firmamento musicale anche con collaborazioni stellate, come quella annunciata qualche giorno fa con Vasco Rossi, quest’anno non c’è l’iconica “diva della canzone”, com’è successo negli anni passati prima con Fiorella Mannoia, poi con Ornella Vanoni e l’anno scorso con Loredana Bertè, vincitrice morale di un Festival andato “tutto al contrario”.
Sanremo 2020 punta su nomi nuovi e, ovviamente, ne fa anche una scelta di target che già nel 2019 con Baglioni era risultata vincente: si punta tutto sui giovani tra i 15-24 anni. Durante la 69°esima edizione sono cresciuti di 1.8 punti in share rispetto al 2018 e la media finale è stata del 54.9%; il miglior risultato da almeno 15 anni.
Per svecchiare il Festival c’è bisogno di un parterre competitivo, che inviti, non solo i giovani a seguire la trasmissione, ma anche ad interagire sui social.
Sempre l’anno scorso si sono registrate 15 milioni di interazioni durante la manifestazione, soprattutto durante la serata finale e, ovviamente, chi è stato il cantante più seguito? Un giovanissimo, Ultimo, divenuto famoso a seguito della vittoria tra gli esordienti del Festival di Sanremo nel 2017, che ha spopolato tra i social diventando la star digitale di tutta l’edizione.
Una scelta, quindi, discografica e radiofonica, ma anche televisiva e social, per uno show business sempre più competitivo e forte che vuole far colpo portando all’Ariston Elettra Lamborghini. Qualcuno storce il naso, altri festeggiano finalmente il cambiamento di un Sanremo troppo vecchio. Ma la musica può essere una questione target di giovani e di show business?
Annalibera Di Martino