Confessatelo.

Chi di voi non si è fatto una grassa risata nel vedere il placido Bergoglio mollare un sonoro schiaffone a una fedele in piazza San Pietro?

In effetti, la scena si è prestata a una facile ironia che con altrettanta facilità è corsa sui social, a forza di battute a effetto, slogan, vignette satiriche e altre robe.

Una fedele troppo zelante, guardie del corpo distratte (?), il Papa che tollera e poi sbotta, la reazione, il circo mediatico, le risate.

La vicenda si sarebbe potuta archiviare tranquillamente così, magari prendendo in giro ancora per un po’ il Santo Padre.

Invece, no. Tenendo fede alla nostra atavica e italica abitudine di lambiccarci sulle fesserie e lasciar correre le cose serie e gravi, ecco che – lancia e resta – ci siamo subito avventati sull’episodio facendolo diventare una questione di stato.

Come se ciò non bastasse, molti (udite, udite!), sono addirittura saliti in cattedra ammonendo, profetando ed educando noi, rozza massa, su fini e sottili questioni teologiche. Senza parlare di quelli che hanno urlato nientedimeno che alla violenza (sic!).

Su tutto è stato tirato in ballo il dogma dell’infallibilità del Papa. «Il Papa non sbaglia mai, non può lasciarsi andare così» è stato detto «un simile gesto rischia di minare la missione del Papato e della Chiesa, nel mondo» e a cascata sono state propalate inezie di questo tipo.

Primo piano di Jorge Bergoglio, Papa Francesco I

Credetemi, questa vicenda di Bergoglio che reagisce e piglia un fedele a «paccheri» (a schiaffoni o a manrovesci per chi non è napoletano) avrei voluto commentarla col sorriso sulle labbra. Ma nel sentire simili bestialità, qualcosa devo pur dire.

Signori cari, dico sul serio, non parlate di teologia se non conoscete manco l’etimo della parola; o se, peggio, manco una volta nelle vostre vite siete entrati in una Chiesa. Non lo dico perché sono un pochino credente; semplicemente perché ritengo sia buona abitudine parlare solo di cose che si conoscono.

L’infallibilità, dicevamo.

Se la chiamate in causa, dovreste sapere che il dogma dell’infallibilità – di cui possiamo discutere se sia un bene o un male, ma questo è un altro discorso – ha validità solo se espressamente legato alla teologia.

Nello specifico, ai pronunciamenti ex cathedra da parte del Pontefice su questioni di fede. Quindi, come potete facilmente arguire, gli schiaffoni/risse o reazioni non sono contemplate.

E se proprio vogliamo rimanere in questioni teologiche, vi faccio rispettosamente osservare che in un tempo molto, molto lontano – con il Cristianesimo ancora in fasce – venne indetto un Concilio. Il Concilio di Nicea, alle porte di Costantinopoli. A presiedere quella riunione di vescovi c’era l’Imperatore Costantino in persona e tutti i patriarchi d’Oriente (molti diverranno dottori della Chiesa in seguito). Pensate un po’, a quell’ecumene della Chiesa mancava il Patriarca di Roma, o Vescovo di Roma se preferite: il Papa.

E sapete, illustri teologi, cosa venne stabilito in quel Concilio?

Venne affermata la natura bipolare di Cristo. In parole povere: Gesù vero Dio e soprattutto vero Uomo.

Ora, anche voi sapete – e non basta essere credenti per venirne a conoscenza – che il Papa è successore di Pietro e dunque rappresentante di Cristo in terra. Un uomo, quindi. E come un qualsiasi uomo – come lo è stato Gesù a suo tempo – vive, soffre, piange, ride, reagisce, si incazza.

Per la cronaca, ma forse vi sarà sfuggito, Bergoglio si è scusato del suo gesto.

Probabilmente, però, eravate talmente impegnati a disquisire sul sesso degli angeli che non ve ne siete accorti…

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