Lasciate che vi racconti una storia.

È una storia che prendo in prestito dal maestro Luigi Pirandello. Tempo fa, in un’antologia di racconti, mi capitò di imbattermi in una novella pirandelliana dal titolo «Nell’albergo è morto un tale». In quelle pagine veniva raccontata la morte, in una stanza di albergo, di un signore – forse un commesso viaggiatore – il giorno seguente al suo arrivo. Di lui non si sa nulla, né nome, né i dati della prenotazione, né identità, né la professione. Solo una cosa si ha di lui: le scarpe da lucidare fuori la porta. Tutto qui. Nessuno sa nient’altro, nessuno che ne reclami il corpo. Un signore, di età imprecisata, che muore in un albergo. Lontano da casa e con il mondo intorno assolutamente estraneo al suo dramma.

Se non fosse per il nome, – Laurent Ani Guibanhi – il bambino trovato morto nel carrello dell’aereo Air France proveniente dalla Costa d’Avorio, atterrato allo Charles De Gaulle di Parigi lo scorso 6 gennaio, la storia di Laurent non sarebbe per nulla diversa da quella del tale di Pirandello.

In un mondo normale, sorretto ancora da un briciolo di umanità, una notizia di questo tipo avrebbe tormentato le coscienze di ognuno di noi. Le avrebbe lacerate, strappate, contorte.  Ci avrebbe spinto a fare qualcosa, a impegnarci, a far sì che bambini come Laurent non soffrano più e possano vivere una vita degna e serena. E sopra ad ogni altra cosa ci avrebbe portato a farci una domanda sull’altra. Come quel bambino in quel carrello? Come è riuscito a superare i controlli e a imbarcarsi? Perché lo ha fatto? Da cosa fuggiva? Qual è la sua storia? Aveva una famiglia?

Invece no. La morte di Laurent è passata sotto silenzio, affogata nell’assuefazione, nella frenesia delle calze e dei dolciumi dell’Epifania. Tutti abbiamo fatto a gara per aggiornare i rotocalchi e far scivolare così questo episodio alle ultime pagine, dei giornali e del nostro quotidiano.

Tuttavia, noi tutti sappiamo che Laurent non è l’unico bambino a incontrare una morte così orrenda. Una morte inumana, sporca. Una morta senza storia, anonima.

I bambini che muoiono in mare, stretti nel cappio del mediterraneo, i bambini soldato in Siria, i bambini ridotti come cavia per l’espianto di organi nei paesi africani, quelli sfruttati in Taiwan per le scarpe sportive e costose che esibiamo nei centri commerciali, quelli malnutriti e violentati.

I rapporti delle istituzioni internazionali e delle associazioni umanitarie  – FAO, ONU, Unicef e Amnesty International per citare qualche nome – sono tutti concordi nel sottolineare l’esistenza sempre più diffusa di un fenomeno: la scomparsa dei bambini.

Mentre la vita si è allungata nei paesi occidentali non ci stiamo accorgendo che stanno scomparendo migliaia e migliaia di bambini. Stanno sparendo perché muoiono, perché vivono male, vivono a stento, vivono senza dignità e senza amore.

Un genocidio silenzioso che sta minando alla base il principio stesso dell’umanità: il futuro.

 

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