Un film corale, d’accordo, ma l’unica vera protagonista resta lei, Rossella, bellissima e testarda, immensa anche nel dolore. Ostinata in amore e nella vita, capace di fare la guerra alla guerra stessa. Una che non accetta di perdere, salvo poi perdere se stessa di fronte a un amore che non esiste. La nostra eroina cade e si rialza, si affanna inseguendo una passione troppo sognata per lasciarla andare via, di quelle tossiche e accecanti, che ti impediscono di riconoscere l’amore vero. Che è lì, a due passi da te, come un trattato di pace alla fine della guerra che hai in testa.
E poi c’è l’altra, l’antagonista: la mite e mansueta Melania, tutta zucchero e melassa a condire accondiscendenza e finta ingenuità. La falsa fragile, quella che ispira protezione e cura. Ti verrebbe da pensare che non potrebbe mai farcela da sola, e invece ce la fa meglio di tutte noi. Solo per la cronaca, la dolce Melania ha compiuto tipo 104 anni, atterrando tutti gli altri. Le sette vite delle gatte(morte).
Tra loro, lui: Ashley, l’uomo senza carattere e senza personalità, che è il motore di una serie di storie senza viverne nessuna da protagonista. Eppure è conteso, e parecchio anche. Uno come lui non serve. Eppure un Ashley qualunque riesce a scardinare, confondere e destabilizzare la vita di donne di spessore e qualità. Lacrime e anni buttati…via col vento. Letteralmente.
Ps. Dimenticavo. Al di là di ogni considerazione, “Via col vento” resta il film dei film perché ti lascia l’insegnamento più importante, più grande e più vero che possa esistere: no, non è il ‘francamente me ne infischio”, che pure ci sta, eh. È quello del finale, e cioè che, in fondo e comunque vada, dopotutto domani è un altro giorno.
Agnese Serrapica