Tennis, salute e longevità

Tutti i dati pubblicati dal British Journal of Sport Medicine segnalano certamente che fare sport può avere benefici per la salute pubblica

Se pensiamo alla longevità nel tennis ci vengono in mente due tennisti e due uomini in particolare, Nicola Pietrangeli (86 anni) e Rod Laver (81 anni), simboli nello sport come nella vita, che ci fanno riflettere sul perché il tennis possa donare longevità a chi lo pratica.

Il British Journal of Sport Medicine nel novembre del 2016 pubblica (prima pubblicazione) uno studio pluriennale coordinato dalla Sydney Medical School e portato avanti da alcuni ricercatori.

Attraverso questo studio si è osservato un campione di oltre 80 mila inglesi e scozzesi (80.306 adulti con un’età media di 52 anni) ed è stato condotto in questo modo:

  • ogni quattro settimane, per 9 anni, è stato chiesto a ognuno di indicare il tipo di attività fisica svolta;
  • tra queste sono state considerate anche le passeggiate, gli hobbies, i lavori cosiddetti pesanti e usuranti, etc.;
  • tra tutti questi individui soltanto il 44% ha dichiarato di aver fatto sport con regolarità.

C’è da dire anche che durante il periodo di monitoraggio sono morte oltre 8.700 persone per varie cause e oltre 1.900 per problemi cardiaci o ictus.

“Associations of specific types of sports and exercise with all-cause and cardiovascular-disease mortality: a cohort study of 80 306 British adults”, è il titolo della ricerca, che il italiano si traduce: “Associazioni di specifici tipi di sport ed esercizio fisico con mortalità per tutte le cause e malattie cardiovascolari: uno studio di coorte di 80.306 adulti britannici”

Se andiamo a guardare i dati pubblicati, ci stupiamo di alcuni parametri che riguardano il rischio di mortalità negli sportivi a seconda dello sport praticato.

Il rischio di mortalità è risultato di gran lunga minore tra gli sportivi che tra i non sportivi, tra gli sportivi tennisti e praticanti gli sport di racchetta (badminton e squash) si è avuto un rischio di mortalità ridotto del 47% rispetto ai non sportivi, mentre per il nuoto un rischio di mortalità ridotto del 38%, invece per l’aerobica e la danza del 27%, per il ciclismo del 15%.

Lo studio ha rilevato anche un rischio minore per cause di morte per problemi cardiovascolari con le seguenti percentuali: 56% per i tennisti, 41% per i nuotatori, 36% per chi pratica aerobica o danza.

Fare sport quindi può avere grandi benefici per la salute pubblica.

Gli stessi autori dello studio hanno però presentato anche i limiti dei dati poiché c’è stata l’impossibilità di registrare nel dettaglio le variazioni di attività, si è avuto un tempo limitato di osservazione.

Alcune attività come la corsa sono state praticate senza una frequenza costante nel tempo, in quanto chi le svolgeva si muoveva in base alle circostanze (bel tempo, stagione estiva, etc.).

Non si vuole qui ridurre lo studio ad una sola indagine statistica, né sponsorizzare esclusivamente il tennis come attività per eccellenza, bisognerebbe quindi limitarsi ad affermare che come ogni cosa bisogna avere equilibrio, buon senso e consapevolezza per quello che si fa.

Nell’attività che si sceglie di praticare dunque andrebbe chiesto sempre consiglio al proprio medico, in quanto conoscitore della situazione psico-fisica del soggetto, oltreché rivolgersi ad un bravo preparatore sportivo.

“Abbiamo trovato – spiegano infine gli scienziati – solide associazioni tra la partecipazione a determinati tipi di sport, esercizio fisico e mortalità, indicando riduzioni sostanziali della mortalità per tutte le cause e CVD per il nuoto, gli sport con la racchetta e l’aerobica e nella mortalità per tutte le cause per il ciclismo”.

“Le prove crescenti dovrebbero supportare la comunità sportiva nello sviluppo e nella promozione di programmi sportivi che migliorano la salute per raggiungere più persone e contribuire a una maggiore percentuale di popolazione che soddisfa le linee guida dell’AP per la salute”, concludono i ricercatori.

Andrea Ippolito

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