Non capita solo per le cose che tutti i santi giorni hai sotto gli occhi e che… non vedi più. Sono talmente presenti che diventano inesistenti. È così anche per le città. Ci vivi dentro ma è come se ti trovassi in una bolla d’aria. Tutto ti è familiare ma in lontananza. Non ti accorgi più delle bellezze o degli orrori della realtà in cui vivi. Poi per caso, per combinazione, per un evento qualsiasi ti svegli e ti ritrovi a guardare cose sempre presenti davanti a te ma mai viste.
Il miracolo avviene all’improvviso per un dettaglio apparentemente insignificante che diventa la chiave d’accesso al conosciuto-sconosciuto.
Sì, Napoli è proprio una grande bellezza come la descrive Pino Daniele. Ma l’immagine che si ritrova appiccicata addosso è di una città dove regna la confusione, il malaffare, la delinquenza organizzata. Queste brutte cose ci sono tutte, ma anche altre. La bellezza di una realtà unica nel suo genere che va vista senza stereotipi, senza prevenzioni, con occhi liberi. Certo, qualcosa per fortuna sta cambiando. I turisti aumentano di anno in anno. Ma c’è ancora da fare molto per rendere Napoli ancora più accogliente.
Di anni da allora ne sono passati tanti. Mi ritorna in mente come in un sogno l’evento che mi fece conoscere Napoli, che mi fece guardare con occhi diversi quello che per una vita non avevo visto.
Un mio caro amico si “fidanzò” con una ragazza francese che viveva e lavorava a Napoli. Donna simpatica e molto colta che subito ci invitò, meglio ci obbligò, a seguirla nella sua voglia smisurata di conoscere Napoli, la città per lei «più bella del mondo».
Insomma, per non farla lunga, se ho conosciuto Napoli, certi luoghi, lo devo ad un’amica francese. Assurdo? Forse sì. Ma certo la mia ignoranza crassa sulla città in cui sono vissuto per anni ha cause ben precise che partono dalla mia educazione culturale. Nel periodo della mia formazione scolastica – dalle elementari alle scuole superiori – mai a mia memoria si è parlato, approfondito, visitato la città che mi ha dato i natali. Mi auguro che ai giorni nostri non sia più così. Che già dalle scuole elementari, più che gite in città storiche, la prima realtà territoriale da visitare sia quella in cui si vive.
Dal mio punto di vista la “conoscenza della propria città” andrebbe inserita nei programmi delle scuole elementari e medie. Ogni città andrebbe “spiegata” ai cittadini più giovani perché in questo modo, oltre a fare cultura, si creano le condizioni basilari per il rispetto dei luoghi in cui si vive. Forse, in questo modo, certi atti vandalici che ogni giorni ci capita di dover amaramente registrare, diminuirebbero. Certo aumenterebbe la consapevolezza e l’amore per la città che ti ha dato i natali, o che ti ospita.
Ci sono cose che per realizzarle non c’è bisogno di spendere vagonate di soldi. Ma una volta attuate, con molta probabilità, sarebbero un investimento non solo a favore della cultura, ma anche per evitare certi insopportabili degradi.
Elia Fiorillo